Da dove arriva (e perché) l’attacco allo Stato nazionale in Europa

11 Ott 2017 13:59 - di Aldo Di Lello

La crisi catalana sta rivelando un attacco senza precedenti allo Stato nazionale. A essere coinvolta direttamente è l’entità statuale spagnola, ma le pulsioni separatiste che partono da Barcellona stanno dando la stura ai vari separatismi che percorrono l’Europa. “Gli antichi cementi ideali dello Stato unitario tradizionale – scrive oggi sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia – si sono un po’ ovunque indeboliti”. La statualità europea – osserva sempre l’editorialista – è indebolita dall’autonomismo e dal localismo nonché corrosa da una “crescente perdita di legittimità”. Galli della Loggia lancia l’allarme su questo vuoto di potere e di sovranità, individuando l’azione di potenze esterne all’Europa per approfittare della debolezza continentale. E ciò avverrebbe, o nella forma dell’espansionismo economico (è il caso dei Paesi arabi e della Cina), o in quello dell’”hackeraggio dei sistemi informatici” (è il caso della Russia). Il vuoto politico-culturale verrebbe quindi riempito – secondo l’editorialista del Corriere – da entità politiche più solide e compatte.

Non c’è dubbio che l’impietosa diagnosi di Galli della Loggia si fondi su fondamentali ragioni di fisiologia politica, la contrapposizione cioè fra il “vuoto” e il “pieno” della sovranità. Dove però l’editorialista non si sofferma più di tanto è nell’ indicazione delle cause della perdita di forza e di legittimità dello Stato europeo. E si tratta di un’operazione di cruciale importanza, perché non si può individuare una “terapia” senza individuare prima il “male”.

Perché lo Stato non piace al neocapitalismo

Il concetto fondamentale da chiarire è che l’indebolimento dello Stato nazionale europeo non è uno spontaneo prodotto dell’evoluzione storica né si tratta di un fenomeno ineluttabile. L’odierna crisi è in realtà il frutto di un attacco senza precedenti scatenato dal neocapitalismo, un attacco partito negli anni Settanta-Ottanta e che oggi pare aver raggiunto il suo culmine. Non basterebbe un’intera biblioteca per esaurire l’argomento. Sarà sufficiente solo dire che è proprio su questo tema che ruota gran parte della riflessione politologica ed economica degli ultimi due decenni. Il dato di base è che lo Stato (e lo Stato sociale in particolare) dà fastidio ai nuovi poteri globali. E dà fastidio perché lo Stato (avendo come “missione” la promozione del bene comune) è un contraltare naturale a forze che perseguono solo il profitto e la rendita finanziaria attraverso l’abbassamento dei livelli dei redditi da lavoro e la diffusione del precariato.

L’attacco che viene dall’Europa

Uno snodo fondamentale dell’attacco allo Stato europeo è naturalmente rappresentato dalla nascita dell’Ue, un’entità che si è subito configurata come un’agenzia della globalizzazione, accanto al Fmi e al Wto. L’attacco allo Stato nazionale che parte dall’Europa è di duplice natura: politico-economica e politico-ideologica. Da un lato c’è il commissariamento di fatto dei governi nelle decisioni economiche e di bilancio. Dall’altro c’è il canone del “politicamente corretto” che mortifica i valori dell’identità storica e culturale dei popoli europei. Meglio sarebbe stato, per unire l’Europa, scegliere la via “confederale” (il patto fra Stati sovrani, come voleva  Charles de Gaulle) piuttosto che quella “federale” (la nascita di una “sovranità europea”, come immaginava Altiero Spinelli, obiettivo però del tutto utopistico). Il risultato è che l’Europa è diventata un “grande spazio terrestre” (per dirla con Carl Schmitt) privo di sovranità ma oppresso da poteri, poteri che non devono rendere conto, del loro operato, a nessun popolo.

Il paradosso delle identità storiche in conflitto

Con l’indipendentismo catalano e con gli altri indipendentismi che si possono produrre per contagio, l’ideologia del “politicamente corretto” europeo ha compiuto una sorta di sinistro capolavoro. È  riuscita infatti a mettere in conflitto le identità dei popoli europei: quelle nazionali, da un lato, e quelle regionali-locali dall’altro, laddove invece la storia e la politica avevano plasmato le Nazioni attraverso la convivenza e l’armonia tra le culture. Così dalla polifonia siamo passati alla cacofonia. L’unico auspicio, in queste settimane di follia, è che gli indipendentisti catalani (e i loro emuli sparsi per l’Europa) si rendano conto di non essere altro che le mosche cocchiere di giochi e personaggi più grandi di loro.

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