Dai cuori neri ai cuori contro: Telese fa il bis sui morti degli anni di piombo

10 Ott 2017 21:33 - di Redattore 54

S’intitola Cuori contro (Sperling & Kupfer) il libro del giornalista Luca Telese che si presenta come una lunga, a volte troppo autoreferenziale, precisazione rispetto alle controverse pagine di Cuori neri, libro deflagrante quando uscì, più di dieci anni fa, innescando una lunga e infinita scia di polemiche.

Cerchiamo perciò di andare al sodo dell’operazione editoriale di Cuori contro: chiunque abbia polemizzato con Luca Telese ci trova dentro una risposta ragionata alle critiche, alle puntualizzazioni, alle omissioni, ai punti di vista, agli errori (che ovviamente non mancano anche in questo libro). Ma Telese ora si è fatto più accorto, si è arreso alla memoria frastagliata della destra radicale e non: di ogni episodio di sangue, spiega, esistono centinaia di versioni. Come è possibile ricostruire la versione più verosimile? Infatti, non è possibile. Telese oggi sembra aver capito che i testimoni da lui interpellati non parlano allo scopo di ricostruire la verità ma di inserire se stessi in una narrazione a sfondo epico, trasmettono la propria narrazione, che tutto è meno che oggettiva. Inevitabile.

Prendiamo ad esempio il capitolo su Stefano Recchioni: Telese aggiunge qualche elemento di novità su una morte controversa? No. Riporta la lunga testimonianza di Fiamma, la fidanzata di Stefano. Riporta il suo modo di vedere quell’attivista di Colle Oppio che per la sua ragazza suonava Chopin e faceva le caricature ad Almirante. Interessante, certo. Commovente, certo. Ma cosa accadde ad Acca Larenzia? Chi sparò? Il fuoco veniva dalla parte dei camerati, come sostiene Eduardo Sivori, che dice di avere sparato per reazione, o furono i carabinieri innervositi dal clima di tensione a sparare per primi, e ad uccidere? Qualcosa in più si trova nel libro di Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, Acca Larentia. Quello che non è mai stato detto, del 2009. Si annota in quel libro anche il particolare dell’uomo con l’impermeabile, armato, che qualcuno cerca di fermare e che invece riesce a dileguarsi. Dopo quelle tragiche ore solo Pino Rauti farà un’interrogazione chiedendo conto della presenza di agenti provocatori in via Acca Larenzia dopo l’agguato mortale alla sezione. Telese, invece, vira sul sentimentale.

Altro punto nodale del libro è la risposta che l’autore fornisce a quanti lo hanno insultato per avere accostato ai “cuori neri” la figura di Massimo Carminati. Telese è ancora convinto che la cosa si poteva fare. Invece non si poteva e doveva fare, visto che lo stesso Carminati non ha mai messo in collegamento le sue scelte di vita con il passato da neofascista e ha sempre chiarito che la mitologizzazione/mostrificazione della sua persona, la creazione insomma del “personaggio Carminati”, è stata un’operazione mediatica. Esattamente quella nella cui scia si è andato a infilare Telese inserendo Carminati nell’album del cuori neri nel bel mezzo dello scandalo di Mafia Capitale. A una cosa però Telese ci tiene molto: la copertina contestata, quella della nuova edizione di Cuori neri con la foto di Massimo Carminati, non fu una sua idea. E l’editore alla fine l’ha ritirata. Un apposito capitolo di Cuori contro – cui rimandiamo i lettori interessati – si occupa della vicenda.

Sempre cercando l’essenziale nel voluminoso libro di Telese c’è un altro dato che colpisce: oggi l’autore non crede più che una memoria condivisa sia possibile. Invece al tempo di Cuori neri ci credeva e sperò col suo libro-scandalo di dare un suo contributo. Come dargli torto? La memoria condivisa è un artificio retorico. Semmai può esistere una memoria pacificata, ma per arrivarci bisognerebbe abbandonare i fantasmi del fascismo e dell’antifascismo, che fanno ancora comodo elettoralmente a troppi. Dunque, l’appuntamento è per ora rimandato. Bisognerà attendere a sinistra l’avvento di personalità meno faziose di Emanuele Fiano

Telese infine adombra l’ipotesi che sia stato proprio il suo libro (il primo, pur con parecchi errori di ricostruzione, a raccontare le storie dei caduti di destra negli anni di piombo) a fornire impulso a una ritrovata memoria collettiva della comunità dei “camerati” che è tornata a celebrare i propri caduti con il rito politico del Presente!. Anche qui, però, si annida una contraddizione. Uno dei meriti del libro Cuori neri era quello di descrivere quei “cuori” come cuori e basta. Ragazzi che meritavano un futuro. Ragazzi con la passione per la politica e con tanti altri sogni per la testa. Ragazzi, prima di essere neri, neofascisti, di destra. Quel punto di vista fu la forza del libro, perché appunto al nemico si dava un cuore, senza etichette. Nei riti commemorativi della destra quei caduti sono, certo, ragazzi, ma sono soprattutto eroi, martiri, ricondotti con la loro storia troncata di ventenni nella sacralità di uno spazio inviolabile. Essi non meritano pietà, meritano solo onori. Per la comunità che rende loro omaggio sono i “nostri ragazzi”, i “nostri caduti”. Nessuno può oltrepassare il confine di quello spazio. Gli altri sono lasciati fuori. Quei ragazzi sono per sempre sottratti al ricordo nazionale e collettivo. Devono brillare come stelle solo nel pantheon di una parte. I camerati si sono ripresi alla fine i loro morti, i loro “cuori neri”. E tengono tutti a distanza. Anche Luca Telese, soprattutto Luca Telese perché lui ha scritto il libro che la destra non ha saputo scrivere, non ha avuto il tempo di scrivere e non ha voluto scrivere. Telese, invece, di quei cuori neri è ancora prigioniero. Vuole esserne il cantore e l’interprete, anche se sa che si tratta di una missione impossibile.

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