L’onda nera? Qualcuno dimentica la violenza dell’antifascismo militante…
Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Antonio Tisci, consigliere d’amministrazione della Fondazione Alleanza Nazionale
La mia generazione non ha conosciuto né l’antifascismo militante né quello politico-culturale. Nessuno dei miei coetanei ha visto persone aspettarlo armati di chiave inglese sotto casa, nessuno dei miei coetanei è stato costretto a partecipare ad un funerale di un militante della sua sezione ucciso durante un’affissione, nessuno dei miei coetanei si è mai sentito dire che uccidere il suo amico era una cosa giusta né che le sue idee fossero da estirpare. La mia generazione che ormai ha quarant’anni, ha vissuto gli anni della piena integrazione della destra nel sistema politico, ha potuto militare tranquillamente senza doversi militarizzare, ha potuto fare politica senza ostracismi. La mia generazione non ha conosciuto i processi sommari, le accuse fondate sul nulla, gli arresti senza processi. La mia generazione ha conosciuto l’antifascismo sui muri di Roma dove è scritto “Paolo Vive”, “Francesco Vive” e dove era scritto “Mario Vive” prima che un sindaco ignorante quanto arrogante decidesse che la memoria di un ragazzo ucciso a 16 anni per le sue idee valesse meno della pulizia di un muro in una città assolutamente non governata, ha conosciuto la violenza antifascista nei racconti dei più grandi, nelle canzoni intorno al fuoco ma non l’ha mai vissuto sulla sua pelle. Noi siamo la prima generazione che non ha conosciuto la violenza antifascista. Per questo, forse, siamo la generazione che non è in grado di reagire quando il mostro rivela la sua faccia.
Il mostro dell’antifascismo paranoico in totale assenza di fascismo si sta mostrando in questi giorni e la mia generazione sembra incapace di reagire. Invece di difendere una storia, un’identità, una comune appartenenza, un diritto di esistere al di là delle sigle, gioca alle distanze nella speranza di salvarsi, di avere un salvacondotto che gli consenta di dire “noi non siamo come quelli”, intendendo per quelli tutti gli altri.
Non dimenticherò mai il giorno in cui la solerte Procura della Repubblica di Roma inventò “mafia capitale” che consentì agli intellettualoidi di sinistra di rispolverare il vecchio e mai dimenticato teorema “fascio mafioso”, secondo cui sarebbe esistito un filo nero che unisce da sempre la delinquenza romana, la banda della Magliana, la mafia, la destra eversiva e quella istituzionale. In quel momento ci fu il primo fuggi fuggi dei topi dalla nave che sembrava destinata ad affondare. Invece di difendere una storia da quell’accusa, la mia generazione preferì prendere le distanze. Non disse che il teorema fasciomafioso era un prodotto della fantasia, preferì dire che forse c’era ma che riguardava “gli altri”.
La cronaca di questi giorni sembra ripetersi. Ieri un Tribunale, in nome del Popolo Italiano ha condannato dei militanti di CasaPound a tre anni e mezzo di reclusione per quella che altro non è che una resistenza a pubblico ufficiale. Il Tribunale è stato anche clemente perché la Procura della Repubblica di anni ne aveva chiesti sette e mezzo, richiesta assolutamente spropositata che non può trovare una giustificazione in punto di diritto ma solo in sete di vendetta, in una disumanizzazione dell’imputato che perde anche il diritto ad una pena giusta. Anche in questo caso la destra istituzionale, quella mia generazione che vanta di aver messo in sicurezza la storia della destra italiana non appare pervenuta, preferisce tacere. Spera di salvarsi.
Qualche giorno fa, il mostro dell’antifascismo paranoico ha convocato una parata su quel ramo del lago di Como per rivendicare i valori dell’antifascismo militante contro dei ragazzi con la testa rasata colpevoli di aver letto un volantino in una pubblica riunione. Un volantino scomodo, politicamente scorretto, non omologato al pensiero unico sull’immigrazione e la sostituzione etnica. Anche in quel caso la mia generazione ha preferito tacere.
Negli stessi giorni un ragazzo disabile si è visto rifiutare la sala da parte del Comune di Pesaro dove avrebbe voluto presentare un libro in cui raccontava la sua storia. Il libro non si può presentare, il ragazzo disabile non può raccontare la sua storia perché è un militante di Casa Pound. Difronte alle proteste del ragazzo, il sindaco di Pesaro ha pensato bene di dire che un militante di CasaPound con una invalidità viene manovrato dai fascisti del terzo millennio. Inutile dire che mentre il segretario nazionale del Partito Democratico ha espresso tutta la sua vicinanza al sindaco che ha escluso il diritto di parola ad un disabile, nessuno a destra della mia generazione ha proferito verbo.
Nel frattempo la Rai, con i soldi dei contribuenti, decide di mandare giornalisti e telecamere a riprendere la tomba della famiglia Mussolini, ironizzando sulle frasi di cordoglio dei tanti che su quella tomba vanno a deporre un fiore e mostrando anche negli atteggiamenti l’assoluta mancanza di rispetto non nei confronti di un dittatore ma di una bara. Di fronte alle legittime proteste della nipote di Mussolini che ha visto profanare la cappella privata dove riposano le spoglie mortali del nonno, della nonna e del padre, l’usigrai non ha trovato niente di meglio da fare che un comunicato nel quale evidenziare il diritto/dovere dei giornalisti di fare inchieste sul fascismo. Neanche con la più fervida fantasia riesco ad immaginare un’inchiesta da condurre in una cappella funeraria. Anche in questo caso la mia generazione ha preferito tacere, non una parola neanche per difendere il diritto di un morto a riposare in pace.
Forse è il caso che la mia generazione, prescindendo dalle collocazioni scelte dopo la fine dell’unità politica della destra italiana, riesca a capire che in questo tritacarne non si salva nessuno, soprattutto se si gioca a prendere le distanze e non a difendere. E’ forse il caso di capire che, continuando di questo passo, la destra politica verrà spazzata via, descritta solo come mafiosa o violenta o golpista, cancellando anni di azione e di analisi politica.
Il salvacondotto per la “destra buona” non esiste e se non si trova la forza di reagire e di difendersi, la mia generazione rischia di essere l’ennesima generazione spazzata via dalla violenza dell’antifascismo.