“Chiamami col tuo nome”, il film sotto accusa: «Esalta gli abusi sessuali»
Anche il film di Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome, candidato a 4 premi Oscar, finisce nel mirino della stampa americana con l’accusa di esaltare gli abusi sessuali. Secondo un articolo del Boston Globe di qualche giorno fa, infatti, la pellicola uscita nelle sale italiane il 25 gennaio scorso, è «una master class abilmente diretta, splendidamente fotografata e meravigliosamente recitata di assalti e abusi sessuali».
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La critica del giornale che denunciò i preti pedofili
Cheyenne Montgomery, autore dell’articolo del quotidiano che rivelò per primo in america lo scandalo dei preti pedofili, apprezza le qualità «lussureggianti e oniriche» del film, ma non si riconosce nei critici che definiscono la pellicola di Guadagnino «un trionfo erotico» o «una meraviglia romantica», perché non tengono conto della differenza d’età dei due protagonisti. In Chiamami col tuo nome il protagonista Elio (Timothee Chalamet) è un ragazzo di 17 anni che avvia una relazione con Oliver, un giovane americano 24enne (Armie Hammer), nella campagna lombarda durante l’estate 1983. Secondo Montgomery, Chiamami col tuo nome non parla del rapporto tra un uomo più grande e uno più giovane, ma «falsa una relazione di sfruttamento tra un adulto e un adolescente».
“Chiamami col tuo nome” visto da chi ha subito abusi
Sono «relazioni manipolative che causano danni duraturi, cosa che so per esperienza personale», scrive Cheyenne Montgomery, che racconta che da studente 15enne, al Choate Rosemary Hall, un college privato nel Connecticut, incontrò il suo insegnante di matematica con il quale avviò un rapporto confidenziale che, dopo ripetute domande personali del docente, lo spinse a confessare di essere stato più volte vittima di abusi sessuali in famiglia. Una confessione che, anziché spingere l’insegnante a denunciare gli abusi, lo portò a instaurare un rapporto sempre più confidenziale con Montgomery. I due avviarono una relazione che continuò fino a quando il giovane perse la verginità, come racconta lui stesso, durante un viaggio in campeggio con il docente di matematica. Il giornalista paragona la sua esperienza a quella del giovane protagonista del film di Guadagnino e scrive: «Un Elio della vita reale molto probabilmente soffrirebbe di depressione e potrebbe anche diventare un suicida». Montgomery conclude il suo articolo sul Boston Globe sottolineando che Chiamami col tuo nome «ha il potenziale per causare danni reali normalizzando questo tipo di conquista sessuale». «E potrebbe essere particolarmente dannoso – è la conclusione – per i giovani della comunità Lgbt, che sono già ad alto rischio di depressione e suicidio».
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Ma quali abusi sessuali? Chi ha visto il film sa benissimo che non solo il rapporto tra i due è assolutamente consenziente, ma che non c’è stata nessuna manipolazione psicologica da parte di Oliver per corrompere il povero e inerme Elio, bensì il contrario: è Elio che per buona parte del film si strugge per l’apparente indifferenza di Oliver e lo provoca in tutti i modi possibili. Non c’è nessuna ferita aperta attraverso la quale il subdolo ‘pedofilo’ si insinuerebbe per corrompere il fanciullo! Sono due casi completamente diversi! Si parla poi della differenza d’età tra i due protagonisti come se fosse paragonabile a quella tra un dodicenne e un quarantenne. Ma per carità! Quando andavo a scuola c’erano mie coetanee fidanzate con ragazzi in età universitaria, ma nessuno si sognava neanche remotamente di chiamarli pedofili! Pedofilia significa attrazione malata verso un bambino, ossia un soggetto privo di connotati sessuali. Elio non è un bambino né tanto meno la vittima di un abuso!
Tutti pretesti per far scatenare un dibattito: anche gli Americani sanno benissimo che un film a tematica lesbo o gay o trans dovrà per forza portarsi a casa un Oscar o un primo premio tra Cannes e Berlino, altrimenti la super-lobby fa un macello