La manifestazione antifascista a Roma? La fiera degli opportunisti
La manifestazione antifascista di Roma? Una fiera degli opportunisti (politici) più che una scelta di campo e di valore. Parole non nostre, ma raccolte, in presa diretta, a margine del corteo, dalla viva voce di Francesca Chiavacci, presidente nazionale dell’Arci, una delle associazioni che hanno promosso il corteo romano: “Ci fa piacere che Renzi venga alla manifestazione ma certo c’è da dire che noi, insieme all’Anpi, siamo quelli che hanno votato no al referendum costituzionale… ora lui scende in piazza con noi contro il fascismo. Bene, ma voglio dire: noi siamo stati fermi, coerenti. Forse lui si sposta a seconda dell’opportunità”.
In queste parole c’è tutto il senso/non senso dell’iniziativa antifascista di sabato, tanto generica nelle sue “ragioni” di fondo quanto gracile nella sua apparente forza unitaria. E non solo perché le associazioni aderenti sono l’espressione di un ventaglio di sensibilità e di appartenenze politiche a dir poco eterogenee, nascoste dietro lo striscione “Mai più fascismo – Mai più razzismi”. Basta leggere l’appello sottoscritto dalle diverse associazioni per cogliere la gracilità programmatica dell’incontro.
Al di là della scontata “esortazione” repressiva (con la richiesta che “le organizzazioni neofasciste e neonaziste siano messe in condizione di non nuocere”) quando ci si appella ad un’altra visione della realtà, chiedendo una nuova stagione di giustizia sociale, a che cosa si fa riferimento ? Ed è veramente condivisa da tutti la chiosa sull’emigrazione vista – secondo certa vulgata “progressista” – come un irreversibile fenomeno, rispetto al quale “vanno create le condizioni per una piena integrazione sociale nel rispetto del dettato costituzionale” ? Al di là dell’opportunismo di facciata – quale visione comune possono veramente avere – tanto per citare qualche sigla presente – il Pd e Liberi e Uguali, le Acli e il Partito Comunista Italiano, la Cisl e l’Altra Europa con Tsipras ?
In realtà ad emergere, nella varietà delle visioni politiche, è la disarticolazione di qualsiasi progetto unitario a sinistra, frutto non solo della stagione renziana quanto soprattutto del processo di disgregazione culturale di quel mondo, passato in pochi anni dall’ideologia comunista al peggiore conformismo globalista (con i corollari del liberismo e del relativismo). Unica continuità con il passato è l’arroganza di chi si considera, sigla per sigla, partito per partito, il portatore della “vera” anima della sinistra, particolarmente oggi, alla vigilia delle elezioni politiche, dove il confronto è sulle liste elettorali, a base proporzionale.
Il risultato si è visto in Piazza del Popolo, nell’immagine del segretario del Pd nascosto dietro il palco, per timore di contestazioni, e nella denuncia del suo opportunismo, simbolo di un antifascismo di copertura con cui nascondere le divisioni e le vergogne di un mondo politicamente al tramonto.