
Funerali a Latina, il prete invita la folla a pregare per l’assassino: fischi e urla dai banchi
Cronaca - di Redazione - 9 Marzo 2018 - AGGIORNATO 9 Marzo 2018 alle 15:32
Lacrime. Rabbia. E uno strazio che avvolge in un abbraccio di solidarietà la povera Antonietta Gargiulo, la moglie vessata, maltrattata, umiliata, aggredita e, alla fine, colpita al cuore nel modo più terribile che si possa immaginare: il marito ha ucciso le loro due figlie, e ora lei, in un letto d’ospedale, dovrà provare a rimarginare una ferita che molto probabilmente non smetterà mai di sanguinare. Ai funerali delle piccole Alessia e Martina la commozione è incontenibile, specie quando i due feretri fanno il loro ingresso in chiesa accolti da un applauso corale denso di dolore e sgomento, e quando, pochi istanti prima che cominci la commemorazione, qualcuno libera due colombe bianche che, intimorite dalle migliaia di persone che affollano chiesa e piazzale antistante, provano a rifugiarsi sotto il portico della parrocchia.
Funerali di Alessia e Martina, il prete ricorda il padre killer
Momenti di compassione e turbamento, rotti solo dalle urla e dai fischi che si levano dai banchi della chiesa in segno di protesta contro quelle parole del parroco che, ancora una volta, e di fronte alle bare bianche di due bambine sterminate a sangue freddo dal genitore che avrebbe dovuto crescerle e proteggerle dal male, invita a pregare per quel padre assassino. Per quel marito violento. Per un killer suicida che, brutalmente quanto vigliaccamente, ha costretto una madre ad affrontare il dolore più grande: quello della morte delle sue figlie. Un’esortazione alla pietà cristiana e al perdono che stride, alle orecchie dei familiari e degli amici delle vittime, come dei cittadini e dei fedeli tutti in ascolto, con quanto ricordato subito dopo dal celebrante che, aggiunge: «Il sei maggio Alessia avrebbe ricevuto la cresima e Martina a settembre avrebbe cominciato il percorso parrocchiale», ricorrendo a un condizionale d’obbligo che comprende e sottolinea tutto il dolore per un futuro negato dall’odio, per quel diritto alla vita stroncato da una violenza cieca e inaccettabile.
… e dai banchi si levano urla e fischi di disapprovazione
«Sappiamo che umanamente parlando non ci sono risposte. Parliamo di cattiveria umana, follia, ma restiamo insoddisfatti», ha ricordato lo stesso sacerdote nella sua omelia funebre. E forse potrà confortare – magari tra qualche tempo – che, come ricordato dal celebrante, «la risposata sta nel perché abbiamo portato Alessia e Martina qua, non in stadio o palazzetto. Abbiamo portato Alessia e Martina qui, in chiesa dove loro hanno cominciato a muovere primi passi cristianità. É qui che troviamo risposte». Non ora, però. Ora il dolore è troppo vivo. Lo strazio troppo forte. E il rimpianto per quelle vite spezzate sul nascere davvero incontenibile…
di Redazione