A 74 anni dal sacrificio, intervista immaginaria con Gentile: un gioco (ma non troppo)
Il 15 aprile del 1944, esattamente 74 anni fa, un commando terroristico dei Gap fiorentini assassinava il più grande filosofo italiano del Novecento: Giovanni Gentile, sublime interprete del pensiero nazionale e insuperato artefice della politica culturale italiana tra le due guerre. Sul Secolo d’Italia si è sempre scritto molto sul filosofo dell’attualismo: dalla grandezza del suo pensiero e della sua opera all’ingiusta rimozione della sua figura con l’avvento dell’Italia repubblicana e alla robusta riscoperta degli ultimi decenni. Volendo in questa ricorrenza rievocarne la figura, abbiamo pensato di andare al di là del dato meramente storico-celebrativo, per provare a immaginare quali giudizi sull’Italia di oggi possiamo ricavare dal suo insegnamento. Ne è uscita fuori questa intervista immaginaria con Giovanni Gentile, un gioco (ma non troppo) per tentare di capire alcuni aspetti della nostra vita alla luce di un grande pensiero. Le “risposte” di Gentile sono citazioni delle sue opere e sono pertanto virgolettate. Quello che non è virgolettato, a parte le domande, sono semplici licenze narrative per rendere più fluido il discorso.
Eccellenza…
Vi invito a essere più sobrio.
Va bene, professore. Partiamo dall’attualità.
Che intendete dire?
Intendo quello che sta accadendo in questi giorni nei palazzi della politica.
Ma non è questa l’attualità come la intendo io.
Lo so. Allora, prima di entrare nell’oggi, ricordateci, professore, come è da intendere la vera attualità.
“Attualità vuol dire atto: l’essere è essenzialmente atto del pensare”.
Insomma, non c’è differenza tra agire e pensare. Ma che cosa vuol dire, al dunque, “pensare” e perché è tanto importante per definire il concetto di storia?
“La nostra dottrina è la teoria dello spirito come atto che pone il suo oggetto in una molteplicità di oggetti, e insieme risolve la loro molteplicità e oggettività nell’unità dello stesso soggetto. Teoria che sottrae lo spirito a ogni limite di spazio e di tempo e da ogni condizione esteriore; rende pure impensabile ogni sua reale moltiplicazione interna, per cui un momento suo possa dirsi condizionato da momenti anteriori; e fa quindi della storia, non il presupposto, ma la realtà e concretezza dell’attualità spirituale, fondando così la sua assoluta libertà”.
Penso che non ci sia altra teoria filosofica che abbia posto in così grande altezza il pensiero e lo spirito dell’uomo. Oggi invece è tutto misero “specialismo”. E anche il lavoro come attività è mortificato dal neocapitalismo. E dire che Voi, professore, avete fondato l’umanesimo del lavoro. La dignità dell’uomo è la dignità del suo lavoro, dal più umile al più elevato?
“Lavora il contadino, lavora l’artigiano, e il maestro d’arte, lavora l’artista, il letterato, il filosofo”.
Guardiamo all’attuale collocazione dell’Italia nel mondo. E’ un Paese impaurito e attaccato dalle migrazioni. Ai vostri tempi era invece una Nazione imperiale. Che vuol dire?
“Roma non ebbe mai un’idea che fosse esclusiva e negatrice. Essa accolse sempre e fuse nel suo seno, idee e forze, costumi e popoli. Così poté attuare il suo programma di fare dell’Urbe, l’Orbe. La prima e la seconda volta, la Roma antica e la Roma cristiana: volgendosi con accogliente simpatia e pronta e conciliatrice intelligenza a ogni Nazione a ogni forma di vivere civile, niente ritenendo alieno da sé che fosse umano”.
Da dove viene allora la paura?
“Sono i popoli piccoli e di scarse riserve quelli che si chiudono gelosamente in se stessi in un nazionalismo schivo e sterile”.
Allora, chiarito il concetto di “attualità”, possiamo in conclusione parlare delle odierne difficoltà di far nascere un governo in Italia? E di tutti i ragionamenti e controragionamenti che si fanno in proposito?
“Gli uomini che ragionano sempre non fanno la storia”.
Le citazioni sono tratte da: Genesi e struttura della società, Teoria generale dello spirito come atto puro, Il liberalismo di Cavour, Discorso di inaugurazione dell’Ismeo nel 1933.