Clandestini, quel condominio di nome Ue dove ognuno fa come gli pare
Il dibattito sulla utilità e sulla validità della Unione Europea è stato avviato oramai da diverso tempo e, specie dopo la devastante crisi economica del 2010 che distrutto il tessuto sociale di molte nazioni, sono sempre di più le persone che si dichiarano a favore di una radicale e profonda modifica dell’Unione se non, addirittura, di una sua soppressione. Ma, aldilà delle diverse opinioni, una cosa è assolutamente certa e innegabile e cioè che l’Unione, così come è strutturata oggi, presenta delle illogicità e delle criticità che la rendono assolutamente inefficace in molti settori strategici. Facciamo l’esempio della immigrazione massiccia, biblica e incontrollata cui abbiamo assistito negli ultimi tre anni a seguito delle sciagurate scelte in politica estera in Medio Oriente. Con il trattato di Schengen è stato istituito un confine unico esterno per i Paesi membri del Trattato. In altri termini e per chiarezza va detto che, in base a tale Trattato, lo straniero che entra in Italia o in Spagna o in Grecia entra nell’area Schengen e da quel momento, almeno in teoria, può liberamente circolare all’interno della predetta area comune. Quindi i controlli di confine fatti a Roma a Madrid e ad Atene vengono fatti nell’interesse di tutti i Paesi dell’area Schengen. Logica elementare e spicciola vorrebbe che tutte le nazioni facenti parte di tale area avessero una normativa comune e armonizzata in tema di immigrazione. Ed invece no, ogni Paese ha le sue leggi e, così, lo straniero che vuole entrare nella Comunità Europea va, ovviamente, a scegliere quel Paese dove le norme sono più lassiste e permissive, come in Italia. Qualcuno dirà che noi li facciamo entrare ma poi dobbiamo tenerceli, ma questo è vero solo in teoria perché in pratica un certo numero di questi migranti riuscirà comunque a passare il confine con la Francia, con l’Austria o con la Svizzera per proseguire verso il Nord Europa e questo spiega perché i nostri vicini siano piuttosto arrabbiati con noi e minaccino un giorno si e l’altro pure di chiudere le frontiere con l’Italia, Paese ritenuto, forse non del tutto a torto, inaffidabile.
Cittadinanza, non c’è legislazione comune
Ma la questione più grave è quella della cittadinanza. Nel momento in cui a un extra comunitario viene concessa la cittadinanza di un Paese della Unione Europea quello straniero diventa a tutti gli effetti cittadino dell’Unione e può liberamente vivere, lavorare e spostarsi liberamente in tutti i Paesi della Comunità senza bisogno di visti o permessi di soggiorno. Qui ancora di più sarebbe necessario che la legislazione fosse comune o, come minimo, armonizzata perché non ha alcun senso che i Paesi dell’est diano la cittadinanza con il contagocce quando altri Paesi la danno a tutti. Non ha senso che in alcuni Paesi vi sia lo jus soli e in altri lo jus sanguinis. In un condominio, e l’Unione Europea è un grande condominio, le regole devono essere uguali per tutti. Non è possibile che a un condomino sia concesso di sbattere i tappeti dalla finestra e a un altro no. Non è possibile che un condomino abbia il riscaldamento a gas, un altro a carbone e il terzo a gasolio. Non è possibile che ogni condomino abbia le tapparelle di colore diverso. Un siffatto condominio anarchico è destinato, presto o tardi, al caos, alla implosione e alla auto distruzione.
La Ue pensa solo al salvataggio delle banche
Negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in tutte le nazioni federali le legislazioni sulla immigrazione e sulla cittadinanza sono a livello federale e non statale, invece in Europa abbiamo ogni singolo Paese che fa a modo suo senza coordinarsi con gli altri cambiando le regole ad ogni cambio di governo. Purtroppo le istituzioni europee e la Commissione guidata da quel grande statista che risponde al nome di Claude Juncker non si interessano di questione “irrilevanti” quali la cittadinanza, la immigrazione, la politica estera o di difesa. Quello che interessa loro è solo il pareggio di bilancio, il salvataggio delle banche, il bail in, il quantitative easing o lo sforamento del tetto del tre per cento. In questa europea dei banchieri e dei grandi speculatori oramai la politica è messa non in secondo ma in terzo piano e quello che conta sono solo i soldi. Noi ci accorgiamo dell’esistenza dell’Europa non quando scoppia la crisi dei clandestini o quando il rais turco Erdogan ci sequestra le navi in acque internazionali. No, noi sentiamo la voce dell’Europa solo quando si tratta di tagliare le spese, di bloccare gli stipendi, di ridurre le pensioni o di allungare l’età pensionabile o quando la Corte di Giustizia europea, con le sue assurde e cervellotiche sentenze, ci impone di concedere asilo politico a chi si dichiara gay e perseguitato dalla stregoneria africana. Poveri padri fondatori dell’Europa, si staranno rivoltando nella tomba nel vedere come il loro grande sogno sia svanito e la loro creazione si diventato solo un carrozzone di funzionari strapagati funzionali non alle esigenze delle nazioni e dei popoli ma a quelle dei vari potentati economico-finanziari.