Il “miracolo” del Bambino Gesù: trovata cura per malattia simile a quella di Alfie
È una scoperta medica che dà speranza a bambini che non ne avevano quella compiuta da 4 diversi centri internazionali, tra i quali il Bambino Gesù di Roma. I ricercatori sono riusciti a metterne a punto una terapia per la Cln2, laceriodolipofuscinosi neuronale di tipo 2, una malattia degenerativa della stessa “famiglia” della patologia che ha colpito il piccolo Alfie Evans, che però era affetto da una forma diversa per la quale questa scoperta non avrebbe avuto effetto.
La terapia messa a punto dai ricercatori – e già approvata dalla Food and drug administration statunitense e dall’agenzia europea Ema – blocca la distruzione del sistema nervoso centrale causata dalla Cln2, rimpiazzando l’enzima di cui i piccoli pazienti sono carenti. Sperimentata su 23 bambini di varie nazionalità con Cln2 allo stadio iniziale-intermedio, la terapia ha restituito effetti considerati «clinicamente significativi» dalla comunità scientifica: l’87% dei bambini che hanno completato il trial non ha subìto il declino motorio e del linguaggio atteso nella naturale evoluzione della patologia. I risultati dello studio, durato 3 anni e condotto oltre che dal Bambino Gesù anche dal Centro medico universitario Hamburg-Eppendorf di Amburgo (Germania), dall’ospedale Great Hormond Street di Londra (Regno Unito) e dal Nationwide Children’s Hospital della Ohio State University a Columbus (Usa), sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.
«Abbiamo documentato che questo farmaco può arrestare la progressione della malattia, ma non ristabilire le condizioni neurologiche originarie del bambino. Per garantire ai pazienti una qualità di vita ottimale è fondamentale la diagnosi precoce», ha spiegato Nicola Specchio, responsabile di Epilessie rare e complesse del Bambino Gesù, dove i bambini trattati sono stati sei. A tutti i bambini dello studio è stato infuso, direttamente a livello cerebrale, il farmaco contenente un principio attivo, chiamato cerliponase alfa, che sostituisce l’enzima carente nelle persone colpite da Cln2. Nello specifico la Cln2 appartiene alla famiglia delle ceroidolipofuscinosi neuronali, una decina di forme che in Italia, complessivamente, riguardano circa 1 persona ogni 100mila nuovi nati.
«L’aspettativa di vita dei piccoli pazienti con quella che fino ad ora è stata una malattia senza cura è purtroppo molto ridotta. Oggi, grazie alla nuova terapia enzimatica sostitutiva, per i bambini e le loro famiglie si apre una nuova epoca», ha sottolineato ancora Specchio, chiarendo che a questo punto diventa fondamentale un intervento medico tempestivo: la malattia si manifesta intorno ai 2 o 3 anni di età: «Se diagnosticati e trattati precocemente, prima che la malattia produca i suoi danni, questi bambini potranno infatti condurre una vita normale o solo con minime disabilità. Per questo motivo è ipotizzabile l’inserimento della Cln2 tra le malattie ricercate attraverso lo screening neonatale». Oltre ai bambini inseriti nella sperimentazione, attualmente al Bambino Gesù vengono seguiti altri 12 pazienti con Cln2. Tra questi una piccola di 2 anni che non ha ancora sviluppato i sintomi della malattia. I medici stanno monitorando gli effetti della terapia nella speranza che i sintomi non si presentino affatto nel corso della crescita.
La Cln2 è dovuta alle mutazioni di un gene chiamato Tpp1 e viene ereditata con «modalità autosomica recessiva»: ciò significa che se entrambi i genitori presentano una sola copia del gene mutato (sono, cioè, portatori sani della malattia), il figlio avrà una probabilità del 25% di essere malato, ovvero di ereditare entrambe le copie del gene Tpp1 anomalo. L’alterazione del gene responsabile porta a una riduzione della sintesi di un enzima, il tripeptidil-peptidasi 1 (Tpp1), necessario al normale funzionamento del cervello. Il deficit dell’enzima Tpp1 causa, a sua volta, l’accumulo di una proteina, la lipofuscina, all’interno delle cellule, determinando morte neuronale e degenerazione celebrale. I bambini colpiti da questa malattia sembrano inizialmente sani, ma attorno al secondo anno di vita cominciano a manifestare i primi sintomi: ritardo di acquisizione del linguaggio e crisi epilettiche. In seguito le crisi diventano più frequenti, spaziando da convulsioni a episodi di natura mioclonica (spasmi muscolari violenti); compaiono disturbi della deambulazione con problemi di equilibrio; si manifestano difficoltà visive che gradualmente portano alla cecità e un progressivo deficit cognitivo. I bambini perdono tutte le competenze acquisite fino a raggiungere una condizione di vera e propria demenza. Il decorso della malattia è molto rapido.