Il sacrificio eroico del “folgorino” Mario Rizzatti alle porte di Roma
Il 4 giugno 1944 moriva eroicamente alle porte di Roma il friulano Mario Rizzatti, detto Mariut in famiglia. Classe 1892, sesto di otto figli, era nato a Fiumicello, oggi in provincia di Udine ma allora sotto gli austriaci. E proprio dagli austriaci fu arruolato nel 1914 ma lui, che si sentiva italiano, aveva disertato salvo poi arruolarsi nel 2° reggimento fanteria dell’esercito italiano nel 1915. Profondamente critico e testardo, aveva osato non condividere la strategia di Cadorna e per questo fu buttato fuori dalla scuola allievi ufficiali di Cormons. Ma nel 1917 fu reintegrato e nominato sottotenente. Divenne poi comandante di plotone e di compagnia e terminò la guerra con il grado di capitano. Successivamente, fu nominato Commissario prefettizio di Fiumicello. Era il biennio rosso, e Rizzatti si avvicinò al Partito popolare, salvo poi allontanarsene quando aveva conosciuto i loro metodi. Strenuo difensore della giustizia e dei contadini contro i latifondisti, nel settembre 1922 entrò nel Partito fascista e partecipò alla Marcia su Roma. Dopo tornò a fare l’insegnate, ma il suo carattere gli preparava un’altra sorpresa: scrisse una lettera al Provveditore agli Studi dicendosi contrario al trasferimento di insegnanti meridionali al nord perché non sapevano parlare bene l’italiano. Senonché il Provveditore era meridionale. Rizzatti finì sotto processo, ma se la cavò solo con una sanzione pecuniaria e la sospensione dallo stipendio. Frattanto si era sposato con l’addetta postale Federica Comelli von Stuckenfeld, austriaca di Trieste che aveva conosciuto prima della Grande Guerra. Rizzatti poi partecipò alle bonifiche della Bassa e alla costruzione delle colonie. In seguito, a causa di rovesci economici, dovette vendere tutto e si trasferì prima a Milano e poi a Roma, dove ebbe modo di conoscere e apprezzare le opere del fascismo. Nel giugno del 1940 fu richiamato e affidato al 408 battaglione costiero in Sardegna.
Nel marzo 1942 fece domanda per entrare nella neonata scuola paracadutisti di Tarquinia, e fu ammesso. Tornò in Sardegna come maggiore comandante del XII battaglione della divisione paracadutisti Nembo. Era stimato e amato da tutti i suoi soldati. l’8 settembre li sorprese ancora in Sardegna: i paracadutisti erano sbigottiti di fronte a questo armistizio, e si dividono. Una parte va con Badoglio, l’altra decide di rimanere a fianco dell’alleato. Rizzatti ovviamente era con questi ultimi. Rizzatti e i suoi decisero di rientrare in Italia via Corsica e di sbarcare in Toscana. Rizzatti e i suoi parà aderiscono alla Repubblica SOciale Italiana, ma il destino ha in serbo un’ennesima difficoltà Viene censurato una lettera in cui Rizzatti criticava Mussolini e viene convocato a Salò. Rizzatti dece valere le sue ragioni sostenendo che i suoi uomini hanno fatto il loro dovere in condizioni estreme, e viene “perdonato” dal Duce, che anzi ebbe per lui parole di stima. Dopo la puntata a Salò, Rizzatti torna al suo battaglione che è a Nettuno, dove contrasta validamente l’avanzata delle colonne alleate su Roma. E sarà proprio qui che Rizzatti troverà la sua bella morte, contrastando truppe che avevano stuprato donne italiane in CIociaria e distrutto l’Abbazia di Montecassino senza ragione. Il suo reparto era rimasto incastrato tra Castel Porziano, Castel di Decima e la via Ostiense, impegnato a coprire la ritirata degli alleati tedeschi. A un certo momento Rizzatti e i suoi uomini vengono raggiunti d auna colonna di autoblindo inglesi, che rovesciano loro tutto il fuoco di cui dispongono, non riuscendo ad averne ragione. il 4 giugno i parà di Rizzatti si trovarono addosso gli Sherman del 46° Royal Tanks e in più altre colonne alleate sulla Laurentina. I folgorini non avevano armi anticarro e stavano per essere accerchiati. Allora Rizzatti con mitra e bombe a mano, seguito dal suo portaordini 18enne Massimo Rava, si lanciò contro i carro di testa, riuscendo a fermarlo ma i due furono colpiti da una raffica del carro che seguiva. Rizzatti ebbe il petto squarciato e morì lì, in mezzo alla strada. Trascinati dal suo esempio, però, altri sessanta parà guidati dal capitano Edoardo Sala si lanciarono nell’impari lotta, riuscendo a bloccare l’intera colonna di Sherman. Fu un episodio di fulgido eroismo, alla pari di quelli avvenuti sul Piave o sul Grappa, ma gli uomini della Nembo non furono mai celebrati o cantati da nessuno, perché erano dalla parte sbagliata. Sul luogo del sacricio di Mariut, inella tenuta Vaselli, qualcuno pose una lapide con su scritto: Pro itala gente contra hostes bellique desultores militum ductor bellum strenuissimo ad Urbem defendendam Mario Rizzatti (al comandante Mario Rizzatti, caduto dopo uno strenuo combattimento in difesa di Roma, nel nome della gente italica contro i nemici e i traditori). Il corpo di Rizzatti fu ovviamente seppellito in fretta, ma in seguito riesumato e infine seppellito nel cimitero romano del Verano, ma in una fossa comune. Rizzatti e i suoi parà avevano trattenuto quello che era l’esercito di invasione più potente del mondo per nove mesi. Come detto, tra questi invasori c’erano anche le truppe coloniali del generale Alphonse Junin, formate soprattutto da marocchini, che, dopo Montecassino, avevano festeggiato la loro vittoria stuprando migliaia di donne italiane, e anche un certo numero di uomini, lungo la valle del fiume Liri. I folgorini superstiti ripiegarono verso Roma e furono gli ultimi a contendere la Città Eterna agli invasori in zona Magliana ed Eur. Per il suo atto eroico Mario Rizzatti fu decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare. La sua storia è stata raccontata in un saggio di Antonio Frescaroli nel libro Sull’altra barricata: per chi combatterono?
(Foto: Congedati Folgore)
in un pantano disgustoso come quello nazionale …spuntano incredibili personaggi come i ragazzi di El Alamein , i Folgorini ed altri singoli casi….grazie a Dio ci sono loro…..perché altrimenti verrebbe voglia di cambiare nazionalità
Dinanzi a cotanto EROE io mi sento piccolo piccolo. Onore a te, camerata Mario Rizzatti. P.S.: Spero che il “grande” gen. Junin e i suoi accoliti marocchini marciscano all’inferno.
Lo spero anch’io.
Un altro eroe, Folgorino come mio nonno (caduto ad El Alamein il 24 ottobre 1942), che si è sacrificato dalla “parte sbagliata”…ONORE ETERNO !!!