“Lettere da Barcellona”, la crisi catalana vista da Bobo Craxi
La crisi spagnola dello scorso anno culminata nel referendum per l’indipendenza della Catalogna raccontata sotto forma di epistolario tra Bobo Craxi e Nicola Padovan, veneziano trapiantato a Barcellona e collaboratore di Ara.Cat, blog tra i più impegnati in favore della causa secessionista catalana. Questo e altro ancora si legge in Lettere da Barcellona (introduzione di Steven Forti, Biblion edizioni – 12,00 €). Una corrispondenza che offre una visuale originale di una delle pagine più controverse e rilevanti della recente spagnola attraverso la lettura che ne danno due italiani, Craxi e Padovan appunto, entrambi emotivamente coinvolti nelle tumultuose vicende catalane. Il primo per ragioni più squisitamente politiche (ma anche familiari: suo figlio studia lì) legate alla figura di Pasqual Maragall, il sindaco socialista di Barcellona cui si deve la trasformazione urbanistica della città a seguito della sua individuazione a sede delle Olimpiadi del 1992; il secondo per ragioni personali e professionali. La forma epistolare rende il libro di Craxi una sorta di osservatorio sulla crisi spagnola seguita con la tecnica del “giorno per giorno”, attraverso scambi di opinioni e di previsioni che chiamano in causa la storia, la geopolitica e, soprattutto, il futuro dell’Unione Europea, vera convitata di pietra nel duro confronto tra Madrid e Barcellona. Anzi, uno scontro, combattuto non solo sulle interpretazioni della Costituzione spagnola, ma anche attraversi i drammatici corpo a corpo tra indipendentisti e Guardia Civil, da un lato, e tra unitari e Mossos d’Esquadra (la polizia regionale), dall’altro. Unità e integrità nazionale contro indipendenza intesa come autodeterminazione di un popolo: due valori che riteniamo acquisiti ma che solo pochi mesi fa, nella civilissima Spagna, abbiamo visto in lotta l’uno contro l’altro. I volti sono quelli del giovane re Felipe, di Mariano Rajoy e di Carles Puigdemont: un monarca costituzionale, un premier democratico, un leader spinto dal “suo” popolo. Tre uomini per tre istituzioni – il trono, il governo centrale, e la Generalitat – ognuno con un pezzetto di ragione e di verità in tasca. Ma anche di torto. Tanto è vero che la crisi catalana non è ancora finita, sebbene Puigdemont stia per essere estradato dalla Germania dove si era rifugiato a seguito dell’accusa di ribellione e sebbene alla Moncloa non sieda più il popolare Rajoy ma il socialista Pedro Sanchez. Non è finita soprattutto perché non ne sono state esplorate le ragioni e perché, come scrive Craxi, non ci è ancora chiaro se la crisi catalana abbia definitivamente archiviato la suggestione delle “piccole patrie” come risposta alla globalizzazione o se, al contrario, finirà per spianare la strada ad un assetto regionalistico dell’Europa come antidoto alla crisi dello Stato nazionale. Comunque vada, è la prova che il Vecchio Continente non rinuncia a scrivere la storia.
Oh…il Bobo noto intellettuale della piccola destra italiana..