Borsellino 26 anni dopo, la figlia Fiammetta pone 13 domande allo Stato

18 Lug 2018 13:33 - di Michele Pezza

Via D’Amelio 26 anni dopo: una strage, tante verità. Che è come dire nessuna verità. Eppure, fu proprio in quella strada dove il 19 luglio del 1992, a meno di due mesi dall’attentatuni di Capaci, saltarono in aria il giudice Paolo Borsellino e i poliziotti della sua scorta, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, che la sfida di Cosa Nostra alle istituzioni raggiunse il massimo della tracotanza. Paradossalmente, fu proprio lì e proprio allora che il confine tra Stato e antistato sbiadì fino a scomparire del tutto in un oceano di depistaggi, reticenze, falsi pentiti, innocenti arrestati e stragisti in libertà.

Fiammetta Borsellino: «Basta omertà di Stato»

Non per niente, a distanza di tanti anni da allora, la figlia Fiammetta parla di «omertà di Stato» e, attraverso Repubblica, pone alle istituzioni 13 domande che illuminano a giorno i mille buchi neri che hanno chiazzato le inchieste siciliane sulla morte di Borsellino fino a renderle del tutto impenetrabili: si va dall’inerzia dei pm di Caltanissetta che lasciarono passare ben 57 giorni (tanti ne separano la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio) senza sentire il bisogno di ascoltare Borsellino nonostante questi avesse detto che aveva informazioni importanti da riferire alla gestione del falso pentito Scarantino passando per il ruolo dell’ex-capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera e per quello della pm Ilda Boccassini che autorizzò la polizia a fare dieci colloqui con lo stesso Scarantino dopo la sua decisione di collaborare con la giustizia.

Il mistero dell’agenda rossa

Una menzione a parte merita l’agenda rossa che il giudice portava sempre con sé e misteriosamente sparita nei minuti immediatamente successivi all’attentato: «Perché via D’Amelio – scrive ancora Fiammetta -, la scena della strage, non non fu preservata consentendo così la sottrazione dell’agenda rossa di mio padre? E perché l’ex-pm allora parlamentare Giuseppe Ayala, fra i primi a vedere la borsa, ha fornito versioni contraddittorie di quei momenti?». Domande dirette. Soprattutto scomode, ma necessarie se davvero si vuole capire quel che è accaduto il 19 luglio di 26 anni fa e se si vuole uscire una volta per tutte dalla perversa spirale delle complicità, delle collusioni e delle troppe reticenze che nei 70 anni di storia repubblicana hanno scandito i torbidi rapporti tra Stato e antistato. Sì, le domande di Fiammetta Borsellino sono di tutti gli italiani.

Commenti

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  • Pino1° 19 Luglio 2018

    La Signora Borsellino, figlia di uno dei pochissimi magistrati che invece di lavorare ”intorno” alla mafia l’ha realmente combattuta, frontalmente, concretamente; Uno dei pochissimi uomini che dovrebbero essere iscritti nel Famedio del Paese, ha tutti i diritti di sapere, tutto! Come vorrei sapere anche io da semplice cittadino svariate cose intorno ai veri mandanti ed ai manovali, ma di loro non sarebbe poi così importante ! ! Purtroppo, e sottolineo purtroppo anche in questo governo, per motivi che , -almeno la lega dovrebbe rendere pubblicamente e platealmente noti- l’unica ‘carica’ che a mio avviso non dovrebbe essere più data alle sinistre: IL COPASIR, unica ‘cassaforte da sottrarre ai recenti capi di stato e di governo, compreso l’attuale, aprendo la quale ci sarebbe almeno parziale conoscenza delle infinite porcate fatte e nascoste e, temo, nemmeno più rintracciabili a meno di resuscitare i morti!

  • GABRIELE NICOLINI 18 Luglio 2018

    PENSO CHE LA FIGLIA DI BORSELLINO ABBIA PERFETTAMENTE RAGIONE, ED E’ QUELLO CHE TUTTI GLI ITALIANI HANNO PENSATO. CI SONO TROPPI DUBBI, TROPPE RETICENZE, E COME PER LA MORTE DI MORO TANTE COSE NON SONO STATE SVELATE.