Panama Papers, arrestati imprenditore e faccendiere legato a Ciancimino jr.
Nel 2013 era stato arrestato per reati tributari dopo che la Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna aveva scoperto collegamenti con Massimo Ciancimino, figlio dell’ex-sindaco di Palermo Vito e supertestimone, caldeggiato dall’ex-pm Antonio Ingroia, nell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il 15 maggio scorso era finito di nuovo in cella per una girandola di reati fallimentari. Ora ad incastrare, per la terza volta, il faccendiere romano Gian Luca Apolloni, sono state le indagini della guardia di Finanza, delegata della Procura di Roma, relative ai cosiddetti “Panama Papers”, i 13,4 milioni di documenti riservati relativi ad investimenti offshore scoperti dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e poi sviluppati con una massiccia operazione di giornalismo investigativo dal network di reporter dell’ICIJ, Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi che ha pubblicato online i dati dello studio legale panamense ”Mossack Fonseca”.
Secondo le indagini degli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma e dell’Ufficio antifrode dell’Agenzia delle Entrate, il faccendiere dei Panama Papers, arrestato assieme all’imprenditore Roberto Laganà, titolare della “Rts società cooperativa“, attiva nel settore dell’intermediazione di forza lavoro, avrebbe fatto da intermediario nella creazione di oltre 200 cosiddette “società schermo” a Panama, collegate ad ulteriori imprese domiciliate nei paradisi fiscali di Samoa, Bahamas, Anguilla, Isole Vergini Britanniche e Cipro.
Ai due, accusati, a vario titolo, di truffa aggravata e indebita compensazione di debiti tributari e previdenziali con crediti inesistenti, sono stati sequestrati complessivamente beni per 35 milioni di euro fra immobili, terreni e conti correnti.
Attraverso indagini tecniche e perquisizioni, i finanzieri hanno scoperto che «la società Rts, per neutralizzare i propri debiti fiscali e previdenziali, ha eseguito numerose compensazioni indebite, tramite presentazione di modelli di pagamento F24 relativi a crediti d’imposta inesistenti, per oltre 15 milioni di euro, azzerando fraudolentemente le posizioni debitorie.
Secondo l’accusa «la società, su direttive di Apolloni, simulava investimenti in aree disagiate del sud-Italia per vantare crediti d’imposta fittizi utilizzando il codice tributo legato ai programmi di defiscalizzazione per incentivare lo sviluppo di quartieri e aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale».
Secondo la guardia di Finanza, infine, il faccendiere dei Panama Papers «ha truffato numerose persone che si erano rivolte a lui, su suggerimento di funzionari di una banca lussemburghese, per gestire le operazioni di rientro di capitali detenuti all’estero tramite la procedura della volontary disclosure».
«Spacciandosi per commercialista e professore di diritto tributario – osservano i finanzieri – Apolloni proponeva ai malcapitati di occuparsi in prima persona delle incombenze del caso, chiedeva lauti compensi a titolo di competenze professionali e si faceva accreditare le somme apparentemente necessarie per il pagamento – in realtà mai avvenuto – delle imposte dovute: il tutto per una truffa da circa 2 milioni di euro ai danni di otto vittime, tutti clienti del professionista»,
Medaglia al valore della coglioneria a tutti i furbi o che si credevano tali, che sono caduti nella trappola ed a chi in primo luogo, dava credito alle parole di Ciancimino jr.