Non c’è pace per Tiziana Cantone: a 2 anni dalla morte i video hard ancora in Rete
Quello che finisce sul web vi rimane per sempre. Sembra questa la crudele morale della vicenda di Tiziana Cantone, la ragazza napoletana che il 13 settembre 2016 si è tolta la vita dopo la diffusione di suoi video e foto hard su internet. A due anni di distanza, nonostante la battaglia legale operata dalla stessa 31enne di Mugnano prima del suicidio (e da parte della famiglia dopo la morte) i siti web non si fanno scrupolo di lucrare sui video hard che l’avevano messa alla gogna mediatica.
Il colosso Pornhub non ha eliminato i video di Tiziana Cantone
Non siti qualunque, ma vere e proprie industrie del sesso come Pornhub. Fondato a Montreal, in Quebec, sede legale in Lussemburgo, è tra i 50 siti più visitati al mondo. E non c’è solo il porno on line: dai gadget sexy agli abiti, il marchio ormai è diventato “glamour”. L’anno scorso, nel periodio natalizio, ha perfino aperto un temporary store nel centro di Milano. Il colosso del sesso che conta su 70 milioni di iscritti e 92 miliardi di video, vanta algoritmi formidabili capaci di classificare e catalogare i video sulla base dei gusti del navigatore. Nessun algoritmo, però, è stato inventato per tutelare la memoria di una morta. Alla voce “Tiziana Cantone” c’è ancora il materiale per il quale la giovane si è ammazzata. Qualche navigatore ha segnalato il fatto tra i commenti del sito. Inutilmente. Segno che, nel nome del business, si possa calpestare anche la pietas.
Per la morte di Tiziana Cantone non ha pagato nessuno
Sotto il profilo giudiziario, la morte di Tiziana resta senza colpevoli. Nel dicembre scorso è stata archiviata l’indagine contro ignoti per istigazione al suicidio. Nel corso dell’inchiesta dei magistrati di Aversa non è stato iscritto alcun nome nel registro degli indagati. Ad aprile era stata archiviata dal gip di Napoli, la posizione di 5 indagati per la diffusione dei video. Nomi che erano stati indicati dalla stessa Tiziana come le persone che avrebbero ricevuto da lei il materiale fotografico e i video dei quali chiedeva la rimozione. Gli stessi video sui quali si continua a fare soldi.