Storia di Livia, morta dopo la “folle corsa”. Un libro racconta la tragedia
Aveva solo 21 anni Livia Barbato. Era bella, appassionata e amava la vita, la sua vita vissuta con l’intensità di una giovane artista, dentro una famiglia che ne incoraggiava le attitudini creative e che l’amava con trasporto. Perché Livia era una fotografa che poteva aspirare a una carriera luminosa se la sua esistenza non si fosse spenta per una folle corsa contromano sulla tangenziale di Napoli. A guidare l’auto era il fidanzato, Nello Mormile, un dj con il pallino per la vita spericolata.
Un fatto di cronaca rimasto indecifrato, nonostante due processi. Nello voleva uccidere la giovane fidanzata oppure aveva solo bevuto troppo ed è vero che non ricorda niente di quei tragici minuti, di quel viaggio al limite del precipizio che è costato la vita a un altro ignaro automobilista, Aniello Miranda, che viaggiava, lui sì, nella direzione giusta?
Ora un libro del giornalista Luca Maurelli indaga su quella tragedia e ne ricostruisce minuto dopo minuto l’esito drammatico (Viaggio al centro della notte, pp.342, Guida, euro 17). Un libro inchiesta, dove la parola viene data ai protagonisti, ai genitori di Livia, agli amici di lei e di Nello, agli avvocati, al personale medico che prestò i primi soccorsi, a don Antonio Mazzi, che condanna l’abuso di alcol, a Simonetta Matone, che firma la prefazione e che mette in guardia sulla sottovalutazione delle stragi del sabato sera.
Maurelli riavvolge il filo degli eventi e comincia da lì, da quei sei minuti del viaggio contromano di Nello al centro di una notte assassina. Alle 4,26 del 25 luglio 2015 tutto si è concluso. Lo schianto. Livia agonizzante che muore pochi minuti dopo. Il fidanzato, illeso, che dice alla dottoressa dell’ambulanza: “Ho fatto una cazzata”. I due tornavano insieme da una serata passata in un locale a Pozzuoli.
Dare una dimensione giuridica a quella “cazzata” confessata da Nello Mormile non è stato ancora possibile: prima condannato per omicidio volontario, poi per omicidio colposo, con pena ridotta da 20 a 10 anni, il dj della folle corsa ha sempre sostenuto di non ricordare nulla, di non sapere come mai avesse imboccato la tangenziale contromano. Un blackout di vari minuti dovuto alle birre bevute, seguite da qualche bicchiere di sambuca.
Ma Nello aveva qualcosa da nascondere, un flirt con un’altra, di cui forse Livia venne a conoscenza. I due litigarono proprio quella sera e lui volle punirla? Oppure volle provare il brivido di una prova estrema, senza il consenso dell’altra passeggera? Oppure aveva deciso di farla finita perché la loro relazione cominciava a manifestare le prime crepe? Ci sono tutti questi interrogativi, nel libro di Luca Maurelli, ma quelle pagine sono soprattutto la storia di un’assenza.
La storia del vuoto che lascia, dopo, quando l’alba rischiara il buio delle notti brave, una vita spezzata troppo presto. Il padre di Livia racconta: “Credevo di vederla ovunque, mi sembrava di stare in mezzo ai fantasmi . Poi ho capito che dovevo accettare anche quelle visioni, perché quello era il mio modo,tutti i giorni, di pensare a mia figlia e di ritrovarmela vicino, senza che nessuno se ne accorga”. La madre di Livia racconta: “Ogni volta che penso a Livia, o che lei pensa a me, è come se mi calassi in un pozzo molto stretto e buio con il mio secchiello di emozioni e cominciassi a scendere lentamente sul fondo”. E poi c’è il sorriso di lei, disarmante e solare. Un sorriso che non si può spegnere per una “cazzata”.