Pompei, un’iscrizione cambia la storia: la data dell’eruzione è un’altra (video)
Un’iscrizione a carboncino ritrovata nella Regio V di Pompei supporta la teoria che la data dell’eruzione del 79 d.C. sia da collocare a ottobre e non ad agosto. La scritta, infatti, è datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 17 ottobre. L’iscrizione appare in un ambiente di una casa che era in corso di ristrutturazione, a differenza del resto delle stanze già completamente rinnovate. Trattandosi di carboncino, fragile ed evanescente, che non avrebbe potuto resistere a lungo nel tempo, è più probabile quindi che si tratti dell’ottobre del 79 d.C., una settimana prima della grande catastrofe che, secondo questa ipotesi, sarebbe quindi avvenuta il 24 ottobre.
«Oggi, con umiltà, un pochino stiamo riscrivendo i libri di storia», ha commentato il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, sottolineando che «quando facciamo ricerca il bello è che troviamo qualcosa che non cercavamo». «L’iscrizione scoperta semplicemente ci aiuta a datare meglio quella che è la data della famosa eruzione. Non è più agosto, ma ci muoviamo verso ottobre, il che da un certo punto di vista – ha spiegato il ministro – ci aiuta a capire come mai qui trovavamo tanti melograni, e sappiamo che il melograno di solito non matura in estate ma più avanti». Bonisoli inoltre ha ipotizzato che «nel Medioevo qualche amanuense possa essersi sbagliato a trascrivere la lettera di Plinio», quella dalla quale si evinceva che l’eruzione del Vesuvio fosse avvenuta il 24 agosto.
Ma lo slittamento della data dell’eruzione non è l’unica novità rispetto a Pompei. Il ministro, in visita al sito, ha presentato anche l’ipotesi, riferitagli dal direttore del Parco archeologico, Massimo Osanna, che gli scavi potrebbero essere iniziati prima del 1748. «Da quello che vediamo – ha spiegato Bonisoli – può darsi che ci siano state delle escavazioni non solo di tombaroli, ma qualcosa di più anche nel secolo precedente. Ma quello era il secolo della Controriforma e, forse, non era politically correct scavare qualcosa relativo a un’età ritenuta barbara o legata a pagani. Nel 1700 il clima era cambiato, c’era l’Illuminismo e la voglia di conoscere il periodo storico classico più di prima, e si è avuto il coraggio intellettuale di scavare». Secondo Bonisoli «è importante da ricordare ai nostri giovani il coraggio di fare cose che non sempre sono popolari e accettate, ma che sono importanti e portano ad un aumento della conoscenza».
Il ministro, quindi, ha rivendicato che «quello che sta succedendo qui a Pompei in queste settimane e in questi mesi è un esempio di come si possa fare tutela e ricerca allo stesso tempo». «Qui a Pompei – ha aggiunto Bonisoli – si sono utilizzati, a seconda di quando si è scavato, modi diversi di scoprire quello che c’era, alcuni invasivi altri meno. Ora siamo a un livello molto avanzato, siamo riusciti a fare un lavoro di estrema qualità mettendo insieme professionalità diverse e nuove tecnologie. Questo è qualcosa di estremamente valido e di eccellenza che succede qui, in Campania, vicino Napoli, a Pompei. Non in America, in Cina o in Giappone. Non parliamo di uno dei poli della tecnologia mondiale, ma del Sud Italia». «Quello che succede qui è assolutamente a livello di eccellenza mondiale», ha chiosato Bonisoli, spiegando inoltre che «non più tardi di una settimana fa abbiamo fatto una riunione al ministero della Difesa dove stiamo lavorando con i colleghi per utilizzare a nostra volta dei dati satellitari che periodicamente mappino l’intero territorio nazionale». Una iniziativa per avere «un’analisi dei dati che provochi delle azioni in modo che possa accorgermi, in tempo reale, se un certo tetto sta avendo un cedimento strutturale oppure no». «Il tema della tutela – ha chiarito Bonisoli – è importante a Pompei e in tutto il Paese ed è una delle priorità di questo ministero».