Ma quale Di Pietro, fu “Il Borghese” ad abbattere il malgoverno partitocratico
Mario Tedeschi, di cui oggi ricorrono i 25 anni della scomparsa, ha rappresentato il rinnovamento del giornalismo italiano, e non solo di destra, con il suo Il Borghese, rinnovamento pari solo a quello di Leo Longanesi, del quale infatti seguì le tracce. Quando Tedeschi subentrò a Longanesi dopo la morte di quest’ultimo, infatti, cambiò la rivista pur conservandone l’impostazione originaria, raddoppiando e triplicando le vendite in pochi mesi. Il Borghese negli anni Sessanta raggiunse e superò le centomila copie di vendita, e tutto grazie alla lungimiranza e al coraggio di Mario Tedeschi. Divenne la voce di quell’Italia sì conservatrice ma colta, che non si ritrovava in quello che il Paese era diventato. E ben prima di Mani Pulite, Tedeschi individuò e scoperchiò il Vaso di Pandora della partitocrazia, che allora non si chiamava ancora così. Ma quale Di Pietro, ma quale Tangentopoli, fu Il Borghese che dette le prime batoste al sistema consociativo denunciandone scandali e corruzione, senza tralasciare l’eterno nemico, il Partito Comunista, del quale il Borghese rivelò i finanziamenti illeciti dall’estero. Ma vediamo come andarono le cose e chi era Mario Tedeschi.
I circoli del Borghese e la Lega Fratelli d’Italia
Nato a Roma nel 1924, Tedeschi iniziò la sua attività giornalistica a Roma Fascista. Dopo l’8 settembre 1943, non ancora ventenne, fece la sua scelta e si arruolò volontario nel battaglione Barbarigo della Xa Flottiglia Mas, combattendo valorosamente sul fronte di Anzio contro l’invasione alleata e ricevendo la Croce di guerra. Tornato a Roma, proseguì la sua professione di giornalista, diventando redattore del quotidiano Il Tempo. Nel 1950 Longanesi lo volle a Il Borghese,di cui diventà direttore della redazione romana nel 1954. La sua attività di giornalista di inchiesta che non guardava in faccia a nessuno proseguì e scrisse anche dei libri sull’argomento, come Il petrolio sporco e Roma democristiana. I Dc infatti furono sempre uno dei bersagli preferiti di Tedeschi, che non perdeva occasione per ridicolizzare e mettere alla berlina il loro scarso coraggio di fronte al perciolo comunista, per non parlare del loro modo disinvolto di governare, fatto molto spesso di clientele e di sprechi. A quell’epoca Il Borghese, che aveva un lettorato di riferimento molto ben definito, si attestava sulle 40mila copie mensili. A un certo punto, verso la metà degli anni Cinquanta, si crearono in tutta Italia i Circoli del Borghese, associazioni culturali in cui si discuteva di costume e di politica. Addirittura, nel 1955, questi circoli in una assemblea a Milano si federarono nella Lega Fratelli d’Italia (!) in un movimento che voleva essere l’espressione in qualche modo della borghesia e della maggioranza silenziosa.
Così Tedeschi e Gianna Preda rilanciarono Il Borghese
La svolta avvenne dopo la morte prematura di Longanesi, avvenuta nel settembre del 1957: Tedeschi rilevò, con non pochi sacrifici, insieme con la giornalista Gianna Preda, la testata e ne assunse la direzione. Tedeschi naturalmente lasciò invariata l’impostazione longanesiana del giornale, tenendone però la periodicità da quindicinale a settimanale voluta da Longanesi due anni prima. Progressivamente la rivista abbandonò il colore paglierino per passare al bianco, e si iniziò ad utilizzare il colore, sfruttando le nuove teconologie tipografiche. Invariato anche l’inserto fotografico del giornale, che si chiamava Omnibus, così come le grafiche artistiche ereditatate la Longanesi. Tedeschi decise di rilanciare Il Borghese ponendosi convintamente contro la classe politica dirigente italiana, l’estavblishment: il giornale e i suoi redattori seguirono sempre più da vicino la politica italia e d estera, con inchieste, rivelazioni e attacchi e mettendo in difficoltà il governo ogni volta che potevano. Come scrisse lo stesso Tedeschi, i nostri lettori sono «i conservatori, i quali in Italia hanno, appunto, poco o nulla da conservare, tolto un bene: la libertà. Essere conservatori oggi in Italia vuoi dire appunto conservare la libertà in vista di un domani migliore». Le firme di quel periodo sono di tutto rispetto: Luciano Cirri, Claudio Quarantotto, Giuseppe Bonanni, Edgardo Beltrametti, Alberto GIovannini, Mino Caudana, Pietro Buscaroli, Alberto De Stefani e altri. Per un certo periodo arrivò anche Giovannino Guareschi, dopo l’andata via dal Candido, oltre alla seguitissima Posta dei lettori curata da Gianna Preda. E fu proprio quest’ultima che nel 1965, con un’intervista a Giorgio La Pira, fece dimettere l’allora ministro degli Esteri Amintore Fanfani. A questo rinnovato impegno politici e di inchiesta, Tedschi non trascurò mai la cultura sul Borghese: autori italiani e stranieri, filosofi, giornalisti, non mancavano mai di dare il loro contributo in articoli o riflessioni.
Il Borghese e il Soccorso Tricolore
Quando iniziarono gli anni di piombo e le violenze – la stessa redazione di Il Borghese a largo Toniolo a Roma fu oggetto di un attentato dinamitardo – Tedeschi lanciò una sottoscrizione pubblica per il famosissimo Soccorso Tricolore, in antagonismo al cosiddetto Soccorso Rosso, per sostenere e difendere coloro che erano rimasti vitttima di attentati da parte degli estremisti di sinistra antifascisti. Nel 1971 Tedeschi si avvicinò al Movimento Sociale Italiano e l’anno successivo divenne senatore per il Msi. venendo poi riconfermato nel 1976. Dopo l’adesione di Tedeschi a Democrazia Nazionale, in quell’anno, Il Borghese ne divenne in qualche modo il portavoce, pur conservando il suo indirizzo culturale e politico conservatore. Nel 1981 morì Gianna Preda, che privò il giornale di una delle sue firme più amate: pochi ricordano che Gianna Preda scrisse il testo dell’inno del Msi. Tedeschi scomparve nel 1993, da direttore della rivista, e Il Borghese poco dopo cessò le pubblicazioni, rimanendo sempre nel cuore dei suoi fedelissimi lettori che lo avevano seguito e apprezzato per quasi mezzo secolo. Quella di Tedeschi fu la più lunga direzione della rivista: dal 1957 al 1993, e scorrendo oggi i vari numeri della rivista si ha uno spaccato appassionante ed autentico dell’Italia che cambiava, nella politica e nel costume. Negli anni successivi il figlio Claudio, dopo vari altri tentativi di riportarlo in edicola, ha iniziato a pubblicare sul web l’intera collezione della rivista e negli ultimi anni è tornato in edicola per un certo periodo. Va assolutamente ricordato che negli anni Sessanta Tedeschi e Preda fondarono anche una prestigiosa casa editrice, Edizioni Il Borghese, pubblicando libri di autori stranieri sconosciuti in Italia, come Vintila Horia e Salvatdor de Madariaga, casa editrice successivamente rilevata dall’editore Ciarrapico, che ne proseguì l’attività.
Mario Tedeschi fu tra i fondatori di Democrazia Nazionale, partito nato dalla scissione dell’ala più moderata dell’MSI. Fu all’epoca un episodio doloroso e traumatico per l’MSI che considerò poi quei fuoriusciti alla guisa di traditori. Certamente non fu così perchè tra essi vi furono eminenti e prestigiosi esponenti del MSI che nel modo più assoluto, proprio per il loro passato e per la loro storia, come Mario Tedeschi, non potevano certo “tramare”, ma semplicemente erano convinti delle loro idee e della strategia per perseguirle. Oggi Fratelli d’Italia, quale erede del simbolo che rappresentava tutti quegli uomini, che allora arrivarono al punto di dividersi in due partiti, dovrebbe operare una serena ed obiettiva analisi storica di quegli avvenimenti e cercare di capire quelle che furono le ragioni o gli errori degli uni e degli altri.
Da lettore del vecchio Borghese mi stupisco che sia stato dimenticato il nome di quella che fu forse la piu` prestigiosa firma di quel settimanele. Mi riferisco a Giuseppe Prezzolini che per anni tenne una corrispondenza con l`altrettanto prestigiosa firma del Borghese Ardengo Soffici. Questo prima che Prezzolini ritornasse in Italia.Ricordo la sua rubrica: America sott`occhio,Italia con il cannocchiale.
Non mi sembra sia servito a molto,visto che il pci pagò nulla e vista l’eredità di “mani pulite “.Lasciate quindi questo “merito” a Di Pietro e soci.
diciamo una cosa, così un po’ fuori dai denti…
se il risultato è quello di oggi…
non è stato una bella idea quella di abbattere violentemente la “prima Repubblica”
potevamo, tutti, fare di meglio
il vuoto creato è stato occupato da … ignoranti, lobbisti e delinquenti (questi ultimi decisamente di più basso e misero tenore rispetto ai delinquenti di prima)
per cui non credo sia un grande vanto…
il malgoverno eterodiretto dalle banche d’affari straniere ed il globalismo cosmopolita senza tradizioni, costumi e radici
è stato agevolato, molto, dalla mancanza di una classe Politicacapace di governare una delle Nazioni iù importanti al mondo
facendoci piombare al limite del terzo Mondo…