
Prescrizione, nodo scorsoio per Di Maio e Salvini. Nessuno può mollare
Home livello 2 - di Giacomo Fabi - 7 Novembre 2018 - AGGIORNATO 7 Novembre 2018 alle 14:56
Il fatto che uno, Di Maio, sia tornato in Cina e l’altro, Salvini, dal Ghana riporta alla mente il furore dell’attore Bruce Lee e la gag in cui cui Totò, nei panni di un falso diplomatico africano costretto dall’arrivo di quello vero a scappare dall’ufficio, dice al gonzo che stava per truffare: «È l’ambasciatore del Ghana. Se ci trova qui finisce a Ghana e gatti». C’è di che ridere, ma anche di che riflettere a pensare che Di Maio e Salvini, reduci proprio da Cina e Ghana, dovranno vedersi e litigare a lungo prima di trovare una soluzione al tema della prescrizione, che i grillini vorrebbero abolita di fatto mentre i leghisti appena ritoccata. Ma non è tanto il merito del provvedimento a dividere M5S e Lega quanto il tempo che, si sa, in politica è tutto. E il momento attuale è tutt’altro che magico per Di Maio: la sua base sta ancora ruminando Ilva e Tap, il reddito di cittadinanza vive di alti e bassi mentre la Tav è già la ridotta da cui sparare l’ultima raffica di “no” alle grandi opere. Rinunciare ora alla prescrizione, significherebbe per il M5S infilarsi in un tunnel senza uscita. Di Maio lo sa e questo spiega il suo ritorno dalla Cina con furore. Ma anche Salvini non può fare regali. Un cedimento sulla prescrizione ridurrebbe in macerie anche quel poco di centrodestra ancora in piedi e, soprattutto, gli procurerebbe una frattura verso quell’elettorato per il quale l’argomento giustizia è addirittura identitario. Da qui la sensazione che al di là delle parole rassicuranti («sono abituato a rispettare gli impegni sottoscritti»), il leader leghista sia pronto a ingaggiare con Di Maio un combattimento stile Ghana e gatti. Finora, i due sono sempre riusciti a trovare la quadra. Ma la prescrizione – la si inquadri dalla Cina o dal Ghana – somiglia già troppo ad un’ultima spiaggia per immaginare un finale a tarallucci e vino.
di Giacomo Fabi