“Sangue di Siria”, la testimonianza preziosa di Gian Micalessin
Riceviamo da Marco Valle e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
Per noi, ragazzi invecchiati del secolo scorso, il fumetto rimane una passione. Un antico amore. Infanzia, adolescenza, giovinezza (e qui mi fermo…) sono state puntualmente scandite dalle “nuvole parlanti”: Walt Disney, Topolino, Paperino e co. E poi, Bonelli, con Tex e Zagor; le “Sturm Truppen” di Bonvi, le tavole di Battaglia e Manara, Crepax e Valentina e il grande Hugo Pratt. Una fucina di tratti e sogni in cui s’intrecciavano il fumetto seriale nostrano — “l’Intrepido”, “il Monello”, “Lanciostory” — con autori francesi, i belgi, gli argentini: Asterix e Luky Luke, Hergè e Moebius, Dago e l’Eternauta…
Ricordi. Da anni nessuno più scalpita davanti all’edicola attendendo le strisce del suo eroe. Il fumetto è ormai un genere “minore”, una nicchia editoriale per appassionati. Vero, tutto vero. Eppure, le strips da qualche tempo stanno ritrovando forza evocativa e comunicazionale. Grazie a nuovi autori, nuovi disegnatori, nuovi editori. Con numeri ancora piccoli (rispetto al passato) ma già importanti.
Lo dimostra il successo di Ferrogallico e dintorni. Un’impresa artistica ed editoriale coraggiosa che da due/tre anni propone al pubblico tratti eleganti e storie scomode. L’ultimo prodotto, in ordine d’uscita, è “Sangue di Siria”, un album imperniato sul reportage di un giornalista d’eccezione: Gian Micalessin. Confesso. Recensire il libro — un lavoro ben strutturato, con ritmi e tempi televisivi — mi è difficile. Conosco Gian da sempre (siamo entrambi triestini e non solo…) e sono innamorato di Maaloula, la piccola enclave cristiana in Siria. Lì, nell’estate del 2010, pochi mesi del disastro, Mara ed io passammo qualche giorno. Dormimmo nell’albergo sopra il convento, recitammo il “Padre nostro” in aramaico, la lingua di Gesù. Maaloula è un posto fatato.
Quando, nel 2013, Gian partì per la Siria in guerra gli chiesi di darci notizie. Sul conflitto in corso, ma soprattutto sulla sorte dei cristiani, su Maaloula. Al suo ritorno ci offrì in anteprima le immagini di quella battaglia terribile. Spari, paura, distruzioni, morti. E tante domande.
Maalolula rappresenta la vergogna dell’Occidente che sosteneva (e tutt’ora sostiene) i terroristi ultra islamici, i sicari dell’Arabia Saudita e del Qatar. Al tempo stesso, Maalolula è anche speranza; la speranza delle suore (greco ortodosse) assediate nel convento e quella dei soldati (musulmani) che cercavano di salvarle dai boia dell’Isis. Maalolula è incontro tra fedi millenarie e speranza di rinascita. In Siria e in tutto il Levante. Qualcuno cerchi di spiegarlo ai fans di Obama e della Clinton ma anche agli islamofobici da bar.
L’Oriente, nelle sue mille declinazioni, è un argomento complesso. Difficile. La Siria, nazione multireligiosa e multiculturale, è il suo specchio. Un puzzle complicato. Per comprendere, per capire, grazie a Micalessin e Adriano Frunch (il disegnatore), c’è oggi “Sangue di Siria”. Una testimonianza preziosa, un messaggio importante.
Sangue di Siria
L’assedio di Maaloula e la caccia ai cristiani
Signs Publishing, Milano 2018
Ppgg.96 20,00 euro