Enzo Tortora: anticomunista, vittima della malagiustizia e anticonformista
Riceviamo da Mario Bozzi Sentieri e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
Viviamo di anniversari, occasioni uniche per riannodare i brandelli di un’identità nazionale spesso sfilacciata e artefatta. Ed allora ben venga anche il ricordo dei novant’anni dalla nascita di Enzo Tortora, personaggio di una stagione importante della televisione italiana, convinto anticomunista, giornalista anticonformista ed insieme vittima di un’inchiesta giudiziaria, che fece epoca. Del suo anticonformismo è testimonianza un’intervista che, nel 1969, all’apice del successo televisivo, gli costò l’allontanamento dalla Rai, per avere definito l’ente radiotelevisivo come “un jet colossale pilotato da un gruppo di boy scout che si divertono a giocare con i comandi”.
Del suo impegno anticomunista rimangono gli articoli, scritti, negli Anni Settanta, su “La Nazione” ed “Il Resto del Carlino”, in occasione del processo a “Lotta Continua”, durante il quale divenne amico del Commissario Luigi Calabresi, attaccato da larghi settori dell’intellettualità di sinistra e poi vittima del terrorismo rosso.
Emblematica la vicenda giudiziaria che vide coinvolto Tortora , nel 1983, quando era alla direzione della trasmissione Portobello (dopo il suo rientro in Rai, nel 1976). Allora Tortora divenne il simbolo di una stagione di vittime della macchina giudiziaria, con l’arresto, il 17 giugno, per traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. Le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso e Pasquale Barra, quest’ultimo legato a Raffaele Cutolo. Condannato, nel settembre 1985,a dieci anni di carcere, nel 1986 Tortora fu assolto con formula piena dalla Corte d’appello di Napoli. Il suo caso, nel frattempo, era diventato “politico”. Con i radicali in prima fila nella sua difesa e certe anime belle dell’establishment di sinistra a condannarlo, senza appello, prima della sentenza. Camilla Cederna, paladina dei diritti civili e suffragetta della “stampa democratica” scriveva : “Mi pare che ci siano gli elementi per trovarlo colpevole: non si va ad ammanettare uno nel cuore della notte se non ci sono delle buone ragioni. Il personaggio non mi è mai piaciuto”.
Per un doveroso omaggio alla sua memoria, a Genova, sua città natale, è stata ora inaugurata presso Palazzo Ducale la mostra “Enzo Tortora – la tv spezzata, ascesa e caduta di un uomo contro”, costituita da una serie di installazioni, grandi proiezioni che si alternano su più paratie fotografie sospese in penombra come un piccolo dedalo.
Non è una storia cronologica ma il rimbombo delle sue provocazioni, delle cacciate dalla Rai, delle intuizioni di stile e fortissimo senso popolare del mezzo televisivo che, non a caso, lo avvicinano a grandi entertainer americani come Ed Sullivan, Johnny Carson, David Letterman, Jimmy Fallon, ben rappresentati – nella mostra – in una bandiera americana ricomposta con i loro volti e alcune delle loro battute memorabili. E poi la gabbia, con sullo sfondo, come graffiti su un muro, estratti delle lettere che Tortora scrisse, durante il carcere, alla figlia Silvia, raccolte in un libro edito da Marsilio.
Il successo di Tortora – in tempi di radicalizzazioni ideologiche – nasceva – come scrive il curatore della mostra, Renato Tortarolo – dall’ “ essere popolare nel perimetro borghese di buone letture, maniere affabili, convinzioni severe su onestà, corruzione, rispetto per gli altri. E’ un paradosso, ma ha fatto più denunce, sfide e cambiamenti professionali nei primi trent’anni di carriera che nel tragico decennio successivo, dominato dal fenomeno “Portobello” e dalle infamanti accuse di essere affiliato alla camorra”.
L’immagine del conduttore/creatore televisivo ci riconsegna il ricordo di un borghese tutt’ altro che accomodante, esempio di stile, di rigore intellettuale e di coraggio, un esempio molto raro, sia ieri che oggi.