
Fisco, si scrive “manovra del popolo”, ma si legge “salasso”. Ecco perché
Si scrive “manovra del popolo“, ma si legge “salasso“. Ne è convinta la Cgia di Mestre, che ha stimato in «almeno 1 miliardo in più» il prelievo della mano pubblica nelle tasche degli italiani in conseguenza «della rimozione del blocco delle aliquote dei tributi locali introdotta nella legge di bilancio». Come spiega Paolo Zabeo, che nella Camera degli artigiani mestrini coordina l’ufficio studi, «tra Irap, Imu, Tasi e addizionali Irpef, famiglie e imprese versano a regioni ed enti locali oltre 60 miliardi di euro all’anno, pari al 12 per cento del totale delle entrate tributarie». Ma ora, prevede, per effetto della manovra «tale importo è, purtroppo, destinato ad aumentare». Tradotto in parole povere, significa che il governo del cambiamento non ha cambiato un bel niente. Come quelli che lo hanno preceduto, con una mano elargisce soldi e con l’altra se li riprende. Anzi, riesce perfino a fare peggio dal momento che anche reddito di cittadinanza e quota 100 scorreranno dal rubinetto della spesa corrente andando così a gravare sulla fiscalità generale.
Sarà il popolo a pagare la “manovra del popolo”
Se tanto ci dà tanto, il popolo italiano pagherà la cosiddetta “manovra del popolo” più di una volta: sotto forma di aumento esponenziale dell’Iva dal prossimo anno se – come appare purtroppo probabile – le previsioni del governo circa la crescita del Pil e il preteso impatto taumaturgico delle due misure bandiera della manovra sulla crescita della domanda interna e sull’aumento dei posti di lavoro dovessero rivelarsi fallaci; sotto forma di aumento dell’imposizione fiscale locale (è l’allarme della Cgia) e, infine, sotto forma di tagli alle cosiddette pensioni d’oro e di mancato adeguamento al costo della vita di quelle più basse. Un capolavoro degno degli apprendisti stregoni che bivaccano a Palazzo Chigi. Politicamente parlando, è la realizzazione della Weltanschauung di Beppe Grillo: rendere poveri i ricchi e non ricchi i poveri, scontato corollario della sua “decrescita felice“. Anche se qui, di felice, purtroppo, c’è solo l’irresponsabilità di chi lo ha preso sul serio.
Peccato, è la fine della destra al governo.