Giuseppe Valditara*: un colloquio con Tatarella era una lezione di politica
Era un giorno di giugno del 1996, squilla il telefono e una voce anonima mi dice: «Le posso passare il Presidente Tatarella?». Pensavo fosse uno scherzo, e invece era proprio Pinuccio. Mi chiese se ero disponibile ad incontrarlo a Milano. Aggiunse che era da un po’ che mi seguiva sui giornali e che il mio progetto era anche il suo progetto. Il Polo della Libertà aveva perso due mesi prima le elezioni, e occorreva ripensare una strategia.
La mia prima esperienza politica era stata nella Lega Nord, avevo dato vita nella villa che fu di Quintino Sella, figura simbolica della destra ottocentesca, alla Associazione per le Libertà. Lo scopo era quello di far dialogare nei territori movimenti politici molto diversi fra loro, come la Lega Nord e quel Msi che si stava trasformando in Alleanza Nazionale. Vi era poi un fine ulteriore: favorire la costruzione di un grande schieramento alternativo alla sinistra. Ed era proprio questo che stava a cuore a Pinuccio.
L’incontro fu coinvolgente, come raramente mi è mai capitato con un politico. Tatarella aveva la straordinaria capacità di ragionare in termini strategici. Era un finissimo cultore di una delle arti più nobili che gli uomini abbiano mai inventato, la cura della polis. Aveva la visione dello statista, voleva sinceramente un’Italia diversa. Il suo sogno era un grande rassemblement gollista. Mi propose due cose: aiutarlo nella costruzione di un percorso che andasse “Oltre il Polo” e iniettare nella nuova Alleanza Nazionale dosi di federalismo. Il risultato di questa collaborazione fu la Conferenza programmatica di Verona dove Alleanza Nazionale mise al centro la questione settentrionale e lanciò gli statuti di autonomia differenziata per quelle regioni che fossero in grado di gestirla. Pinuccio mi chiese quindi di elaborare due bozze di statuto che dovevano essere il simbolo di questa nuova politica: uno per la Lombardia, l’altro per la sua Puglia. Quest’ultimo venne da me presentato, pochi mesi dopo la sua morte, a Bari per volontà di Giuseppe Tatarella. Fu un successo enorme di pubblico, oltre cinquecento persone a condividere il sogno, che era anche di Pinuccio, di una Puglia grande “capitale” del Mediterraneo, regione capace di costruirsi con le proprie forze e le proprie eccellenze un nuovo, grande futuro.
La morte di Tatarella di fatto pregiudicò seriamente il tentativo di costruire una destra nuova, presidenzialista e federale, con l’idea di libertà come cemento unificante, ma con la capacità di essere anche solidale con quelli che non ce la fanno, consapevoli che nessuno deve essere “lasciato indietro”. Un’ultima considerazione: l’intuizione di Matteo Salvini di costruire un grande movimento ispirato ai criteri della sovranità, della libertà, della responsabilità e di una concreta solidarietà fra italiani, sarebbe certamente piaciuto a quel grande statista che fu l’avvocato di Cerignola.
* Direttore “Logos”, rivista politico-culturale, professore ordi-nario di Diritto privato romano nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino
Testo tratto dal libro “Pinuccio Tatarella – passione e intelligenza al servizio dell’Italia”, edito da “Giubilei Regnani”. Link per l’acquisto del libro: http://www.giubileiregnani.com/libri/pinuccio-tatarella/