La Rai è la Rai. Perciò se sei di sinistra hai quello che gli altri non possono avere
La Rai è la Rai. Perciò, succede che quelli arrivati appena adesso debbano, anche se non vogliono, serrare le mascelle e prendere le difese di quelli di prima. Succede che si trovino oggi costretti a smussare e svelenire tutti gli spigoli e i miasmi che i precedenti vertici paracadutati nell’azienda di Viale Mazzini hanno prodotto nei loro magnifici e progressivi anni di gaudente telepotere. La Rai è la Rai. E la sinistra è la sinistra. Quindi – quando impera, per l’appunto, la sinistra multiculturale e buonista – può accadere che si allenti la presa persino sulle clausole di salvaguardia aziendale e che si possa concedere a qualcuno quello che altrimenti a nessuno, prima, sarebbe stato consentito: nuotare beato e contento tra le onde del mitico conflitto d’interessi! Che, ovviamente, è sempre quello altrui, giammai il proprio. La Rai è la Rai. E la sinistra è la sinistra. Perciò -incredibile ma, vero- accade pure che gli spezzoni degli spettacoli di alcuni big, per essere riutilizzati dalla stessa Rai che li ha prodotti, debbano essere riacquistati. Perché qualcuno (chi?) ha consentito che l’artista potesse comprarsi i diritti di tutti i suoi show. Cosicché la “prima azienda culturale del Paese” si priva dei diritti delle sue proprietà artistiche (già lautamente pagate!). Beni che avrebbe potuto sfruttare liberamente in futuro. Roba assurda, che non accadrebbe nell’Uganda-Burundi (con tutto il rispetto) ma, che qui invece accade senza causare patemi. Senza che alcuno gridi allo scandalo. Senza provocare indignazioni e interrogazioni. Senza nemmeno una striminzita inchiesta che oramai non si nega a nessuno. Perché la Rai è la Rai.