Raggi, almeno oggi inchinati alla memoria di Mikis Mantakas a nome di Roma
Almeno oggi. Almeno oggi, Virginia Raggi, tenta di dimostrare di essere il sindaco di tutti. E vai a deporre un fiore in piazza Risorgimento, dove il 28 febbraio del 1975 fu assassinato Mikis Mantakas, studente universitario proveniente dalla Grecia, militante del Fuan, 23 anni. Quel fiore fu reciso, tra gli altri, dal brigatista Alvaro Loiacono, che lo ammazzò davanti alla sezione missina di via Ottaviano. C’erano appena stati scontri davanti al vicino tribunale di piazzale Clodio, per l’udienza del processo sul rogo di Primavalle in cui furono bruciati vivi Stefano e Virgilio Mattei.
I nostri cuori sono ancora gonfi di dolore, a ricordare i nomi di un martirologio infinito e non pretendiamo che Virginia Raggi provi i nostri stessi sentimenti. Lei è nata nel 1978, tre anni dopo la morte di Mantakas, ma non può raccontare a nessuno di non occuparsi della storia della città che guida transitoriamente. Perché, maldestramente, del passato se ne occupa.
Ecco, serve un momento di riconciliazione nel nome di un martire europeo, come ricordano i manifesti affissi attorno al luogo dell’omicidio. E magari anche una nota, una telefonata, un incontro, per sollecitare il ministro della giustizia, Bonafede: dopo Cesare Battisti, questo assassino latitante da troppo tempo e coinvolto in diversi episodi di terrorismo – dal delitto del giudice Tartaglione alla strage di via Fani, tanto per intenderci – lo andremo ad acciuffare o no? Serve anche la voce di Roma per dire allo Stato che la guerra a quei terroristi che insanguinarono l’Italia non è finita. Alvaro Lojacono deve essere riportato in Italia a scontare le pene per i crimini commessi e di cui la giustizia lo ha riconosciuto responsabile e corresponsabili con altri suoi simili sanguinari.
Virginia Raggi, con un gesto, può cominciare a riparare le tante cose ingiuste che ha detto e fatto contro la vasta comunità di destra che ha pagato con un tributo enorme di vittime la propria militanza politica negli anni bui della Repubblica. E’ democrazia, è rispetto.
Noi c’eravamo. Eravamo giovani. Siamo cresciuti ed invecchiati con la rabbia ed il dolore di quei giorni,per quei giorni.Tante,troppe vittime di un odio voluto dai loschi intrighi del potere,che ha rovinato la giovinezza di una generazione. Anche per essa la prima cittadina dovrebbe dedicare un grande pensiero.
Ma non lo ha fatto