
Il Travaglio “devitalizzato”: dopo l’arresto del grillino, il re dei manettari è nudo
Depositi vuoti e saracinesche sprangate. È desolante lo spaccio della stampa manettara all’indomani dell’arresto per corruzione del grillino Marcello De Vito, presidente del Consiglio comunale di Roma. Ma tant’è: i giustizialisti all’ingrosso hanno chiuso tutti bottega. Persino il loro riconosciuto e incontrastato re, Marco Travaglio, ha smontato l’insegna e ripulito le mensole. Ormai sono rimasti solo i dettaglianti, cioè quelli che prima di esporre alla gogna il presunto reprobo spaccano il capello il quattro esplorando in punta di diritto ogni anfratto del provvedimento giudiziario per poi battere “tana libera tutti” appellandosi all’art. 27 della Costituzione: chiunque è innocente fino a sentenza di colpevolezza passata in giudicato. Finora, il giustizialismo al dettaglio, a volte maschera pudica del garantismo, in altre travisamento del giustificazionismo politico, ha allignato soprattutto nella stampa terzista, in realtà cerchiobottista, con punte di contagio anche in quella considerata immune, almeno fino al coinvolgimento della proprietà editoriale in inchieste della magistratura. Il governo del cambiamento è riuscito ad incrinare persino questa consolidata certezza e, sorpresa tra le sorprese, ci accorgiamo che financo Travaglio – nel caso De Vito – si è riscoperto provetto dettagliante, vale a dire attento alla forma, interessato all’anamnesi criminale del presunto reo (“l’impressione è che De Vito all’inizio non fosse una mela marcia…”. Sottinteso: me ne sarei accorto e l’avrei impallinato col piombo di un articolo) e persino capace di vergare un post scriptum a blindatura dell’odierno editoriale che suona a dir poco dubbioso della linearità dell’indagine della procura capitolina a carico del grillino. Insomma, un capolavoro di equilibrismo capace di disseminare sull’imbarazzante arresto lampi di garantismo e polvere di giustizialismo. Un dosaggio salomonico ben sintetizzato dal titolo in calembour: «Devitalizzati», cioè senza De Vito, riferito al M5S. Tutta qui, in questa pelosa indulgenza da giustizialista al dettaglio, la reprimenda di Travaglio. Quasi un angioletto se accostato al giornalista che per molto meno sbudellava le sue vittime prima di appenderle agli arrossati ganci del Grand Guignol del manettarismo trionfante.