La Toscana adotta il “dizionario Boldrini”: «Non dite più cittadini, ma cittadinanza»
Non vanno usati più termini come «i cittadini», «gli utenti», «gli insegnanti»: sono discriminatori e vanno sostituiti con formule tipo «la cittadinanza», «l’utenza», «il corpo insegnanti». D’ora in poi, nella redazione di atti e documenti, il personale della Regione Toscana dovrà fare attenzione al lessico, per non incorrere nell’accusa di sessismo. A decretarlo è stata la giunta regionale, che ha emanato delle “Linee guida operative” su un uso del linguaggio amministrativo politicamente corretto, sebbene – a quanto sembra – un tantino contorto.
Dieci pagine per spiegare che «i cittadini» non va più bene
Promosse della vicepresidente e «assessora» (rigorosamente con la «a») a Cultura, università e ricerca, Monica Barni, e dall’assessore al Personale, Vittorio Bugli, le linee guida si articolano in una decina di pagine nelle quali si sollecita, spiega una nota della Regione, l’uso di «espressioni e termini compatibili con il corretto uso della lingua italiana, per evitare riferimenti sessisti e dare visibilità concreta al genere femminile». Il tutto «senza prefigurare schemi rigidi o coniare neologismi», ma al massimo sforzando un po’ le meningi e magari arrampicandosi anche un po’ sugli specchi per aggirare il deplorevole rischio di utilizzare – come avviene di norma – parole maschili per indicare sia uomini che donne. Un’impresa non sempre agevole, sulla quale i dipendenti toscani sono invitati a uno sforzo creativo per «trovare, caso per caso, la soluzione migliore secondo il testo da realizzare, partendo dal presupposto che le tradizioni culturali radicate nella nostra società, non disponendo la lingua italiana di un genere neutro, hanno portato all’uso generalizzato della forma maschile».
Impersonali, passivi, termini promiscui: tutto pur di «neutralizzare il genere»
Pur non indicando «regole meccaniche né forzature linguistiche», il manuale invita calorosamente e adottare «espressioni non discriminatorie tra i sessi» con l’utilizzo di locuzioni, con la declinazione al femminile di termini riferiti a professioni e ruoli e, eventualmente, con l’uso «della forma passiva che permette di non esplicitare chi compie l’azione». Caldeggiata, poi, anche la forma impersonale che «può servire ad aggirare l’uso del maschile generico». Un’altra tecnica raccomandata, l’uso di sostantivi promiscui, quelli che hanno un’unica forma sia al maschile che al femminile, accompagnati dall’articolo determinativo nel caso sia nota l’identità del soggetto. Esempio: il responsabile, la responsabile, il manager, la manager ecc. A ben vedere, comunque, più che «dare visibilità concreta al genere femminile» si finisce piuttosto per «neutralizzare il genere», come del resto si raccomanda nelle stesse linee guida.
Per i dipendenti della Regione Toscana corsi di formazione ad hoc
«È giusto far uscire dall’invisibilità, anche in un documento burocratico, tante consigliere, assessore e sindache e, più in generale, dare conto del fatto che molti ruoli professionali, un tempo appannaggio maschile, sono adesso ricoperti da donne. La Regione vuole dare un segnale di consapevolezza, essere un punto di riferimento anche per altri che vogliano intraprendere la nostra scelta», ha sostenuto la vicepresidente Barni, secondo la quale «anche da piccole cose, apparentermente poco importanti, passa la battaglia contro gli stereotipi di genere che tanto pesano, anche dolorosamente, sulla vita del nostro Paese». È stato poi l’assessore al Personale a spiegare che saranno anche organizzati appositi corsi di formazione «per l’adozione di un linguaggio amministrativo attento alle differenze di genere e fornire indicazioni e strumenti operativi uniformi».
Mi viene da piangere.
Sono certa (o dovrei dire “ho la certezza” per non essere sessista?) che i Grandi toscani che tanto hanno dato all’Italia si stanno rivoltando nella tomba rimpiangendo di non essere emigrati quando potevano.
Linguaggi amministrativi in puro italiano senza termini inglesi no vero? Traditori della patria!