
Nuova Zelanda, ora si teme una ritorsione degli estremisti islamici. Rafforzati i controlli
Dopo la strage nella moschea in Nuova Zelanda, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha diramato una circolare a questori, prefetti e comandanti provinciali in cui sottolinea la necessità di prestare particolare attenzione sul territorio, non potendosi escludere “azioni emulative o di tipo ritorsivo”. La direttiva, dopo aver descritto nel dettaglio quanto accaduto in Nuova Zelanda, prescrive di adottare iniziative investigative al fine di prevenire eventuali pianificazioni di atti ostili. Sarà quindi rafforzata la vigilanza in prossimità di luoghi di culto, sia islamici che cristiani e più in generale sarà mantenuto un alto livello di sorveglianza in prossimità dei luoghi di aggregazione. “Per la prima volta nella storia, le sinagoghe in Nuova Zelanda sono chiuse nel giorno di Shabbat in seguito allo scioccante massacro di musulmani a Christchurch”. Lo ha scritto su twitter il presidente dell’Agenzia ebraica per Israele, Isaac Herzog, esprimendo la sua solidarietà e quella del Consiglio ebraico neozelandese con le famiglie delle vittime: “Siamo uniti nella lotta contro l’odio violento e il razzismo”.
Obiettivo del più grave attentato e fatto di sangue della storia della Nuova Zelanda, la comunità musulmana di questo Paese rappresenta una piccola minoranza della sua popolazione. Pari all’1,1% dei 4,5 milioni di abitanti, i musulmani sono un gruppo multietnico con un’ampia presenza asiatica. I primi musulmani arrivati in Nuova Zelanda furono una famiglia indiana che si insediò a Christchurch nel 1850. Fino agli anni settanta del secolo scorso, vi furono piccoli arrivi di musulmani dal sud est asiatico e l’Europa. Negli anni settanta, e soprattutto con il golpe del 1987, vi fu un largo afflusso di indiani musulmani provenienti dalle isole Fiji. Più recentemente sono arrivati rifugiati dai conflitti in Somalia, Bosnia, Kosovo, Afghanistan e Iraq, oltre a studenti da Malaysia e Singapore. Vi sono anche comunità turche, libanesi e iraniane. Il censimento del 2013 contava 46.149 musulmani in tutta la Nuova Zelanda, concentrati nelle principali città: Auckland, Hamilton, Wellington e appunto Christchurch. Il primo centro islamico della Nuova Zelanda è stato aperto nel 1959 e al momento si contano una cinquantina di moschee, tre delle quali a Christchurch. Dal 1979 la comunità è appresentata dalla Federazione delle associazioni Islamiche della Nuova Zelanda (Fianz). La strage di Christchurch, con la morte di 49 persone in due moschee, riapre drammaticamente il dibattito sull’opportunità di modificare le leggi per il possesso di armi e in particolare di quelle automatiche. In Nuova Zelanda, secondo lo Small Arms Survey aggiornato al 2017, i 4,7 milioni di cittadini sono in possesso complessivamente di 1,2 milioni di armi da fuoco. Nel paese, non è proibito tenere in casa fucili d’assalto semiautomatici, come quelli in dotazioni ai militari. La maggior parte delle armi, inoltre, possono essere legalmente vendute online e pubblicizzate con inserzioni sui giornali, come qualsiasi prodotto. Qualsiasi cittadino che abbia compiuto 16 anni e che sia dotato di porto d’armi può possedere un numero illimitato di armi comuni, senza doverle registrare. Il risultato è che il 96% delle armi da fuoco in dotazioni ai civili non sono registrate, come afferma Philip Alpers, uno dei ricercatori di GunPolicy.org, che analizza la diffusione delle firearms a livello internazionale.