Ombre e sospetti sulla morte di Imane Fadil: dolori al ventre e un mix di sostanze radioattive aprono al giallo
Il sospetto dell’omicidio covato nel corso di una lunga agonia: «Mi hanno avvelenata», avrebbe detto allora parlando al telefono sia col fratello, sia all’avvocato, durante il ricovero e i disperati tentativi di fermare quel progressivo cedimento degli organi che poi l’avrebbe portata alla morte.
Morte di Imane Fadile, l’ombra del delitto: indagini e sospetti
Già, perché Imane Fadil è morta l’1 marzo scorso, dopo un mese di agonia all’ospedale Humanitas di Milano. Aveva 34 anni, era una modella marocchina, ma non per la sua carriera sulle passerelle o per la sua innegabile bellezza che era rimbalzata agli onori della cronache: no, Imane era un testimone chiave nei processi Ruby, quella che rivelò i retroscena hot delle serate di Arcore. Ed ora, misteri, sospetti, indiscrezioni, avvolgono il caso del suo decesso: a quanto risulta da fonti definite «qualificate» ed emerso nelle ultime ore, secondo quanto emerge dagli esiti degli esami tossicologici disposti dopo la morte della giovane, la 30enne marocchina sarebbe infatti morta per un «mix di sostanze radioattive», tanto che sulla vicenda indaga per omicidio volontario la procura di Milano che ha saputo della morte di Imane «solo la scorsa settimana», quando il difensore della modella si è rivolto alla magistratura.
Al vaglio quelle «anomalie» all’interno della cartella clinica della vittima
Stando a quanto riferisce in queste ore il sito dell’Adnkronos, secondo il procuratore capo di Milano Francesco Greco «nella cartella clinica della ragazza ci sono «più anomalie», e tornando al giorno del suo ricovero, la 34enne aveva riferito di gonfiori e dolori al ventre. Non solo: «Dalla cartella clinica non emerge nessuna malattia specifica», ha poi aggiunto il procuratore capo spiegando che la modella aveva «telefonato ad alcune persone, il fratello e l’avvocato, sostenendo di essere stata avvelenata. Stiamo sentendo i testimoni, verranno sentiti anche i medici dell’Humanitas, e abbiamo disposto l’acquisizione dei suoi oggetti personali». Al momento, dunque, l’unica certezza sul giallo della morte di Imane Fadil è che durante il suo ricovero «c’è stato il progressivo cedimento di tutti gli organi», come svelato dal procuratore aggiunto di Milano, Tiziana Siciliano, titolare del fascicolo per omicidio volontario. Fascicolo aperto la scorsa settimana, dopo la denuncia del legale della giovane modella che lo scorso 14 gennaio non è stata ammessa come parte civile nel processo Ruby ter. «I medici della clinica non hanno avvisato la procura del decesso», ha confermato il procuratore aggiunto. La salma comunque è a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia che sarà eseguita nei prossimi giorni.
Le indagini partono dalle ultime settimane di vita della modella marocchina
Dunque, si parte dalle ultime settimane di vita della modella marocchina entrata nel filone d’indagine sul caso Ruby: e per esempio da quanto da lei sostenuto nella sua ultima intervista, lo scorso 14 gennaio, quando davanti alle telecamere di Repubblica tv, la giovane disse: «Tutto questo è iniziato quando avevo 25 anni e oggi ne ho 34. In nove anni sono sempre stata lineare, ho sempre detto la verità al contrario degli altri». Eppure, i giudici di Milano respinsero la sua richiesta di essere parte civile nel processo Ruby ter. Passaggi, rivisitazioni, rivelazioni e conferme su quei nove anni passati tra tribunali e studi legali, che la ragazza stava raccogliendo in un libro sulla sua storia a cui stava lavorando prima del ricovero. «Prima o poi tutti lo vedranno, prima o poi sarà pubblicato. Ho fiducia nella giustizia italiana e ho fiducia nel fatto che le cose stiano cambiando», aveva sottolineato Fadil: ma secondo il procuratore capo di Milano, il brogliaccio del libro non contiene elementi utili per spiegare il suo decesso. Semmai, gli inquirenti si aspettano di rintracciare elementi utile all’indagine dai referti medici della paziente e dagli esami sul corpo della vittima.
La nota diramata dall’ospedale “Humanitas” dove Imane è deceduta
Tanto che, in una nota, la clinica Humanitas ha precisato che «al decesso della paziente, il 1 marzo scorso, l’Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma. Il 6 marzo, l’ospedale ha avuto gli esiti tossicologici degli accertamenti richiesti, lo ha prontamente comunicato agli inquirenti». E infine: «La paziente – si legge nella nota – è stata ricoverata lo scorso 29 gennaio in condizioni cliniche molto gravi. È stata presa in carico da una équipe multidisciplinare che ha messo in campo ogni intervento clinico possibile per la cura e l’assistenza della giovane, compresi tutti gli approfondimenti diagnostici richiesti dai curanti. Per rispetto della privacy e dell’indagine in corso, Humanitas non rilascerà però ulteriori commenti su nessun aspetto di questa vicenda». Una vicenda assai intricata di cui bisognerà arrivare al bandolo della matassa…