Sarebbero una trentina i foreign fighters italiani in Siria e Ucraina: non scelta mercenaria ma ideologica
Ci sono anche italiani che combattono in Siria e in Ucraina. Sono “una dozzina, quindici al massimo”, i volontari italiani che in Siria combattono al fianco delle forze curde contro l’Isis. Lo sottolinea all’Adnkronos Gianandrea Gaiani, direttore del portale online specializzato Analisidifesa ed esperto di questioni geopolitiche, commentando l’uccisione del cuoco fiorentino Lorenzo Orsetti che combatteva copntro l’Isis insieme con le forze curde. A giudizio di Gaiani “è importante chiarire che non si tratta di contractor, di mercenari o di ex soldati professionisti che decidono di lasciare il loro esercito nazionale e di combattere per ragioni economiche. Al contrario, lo stipendio in questi casi raramente supera i 100 dollari”. La motivazione alla base della decisione di combattere in Siria “è prettamente ideologica, è l’adesione ad una causa. Che in Siria può essere sia il frutto di un movente di opposizione allo Stato islamico sia di contrasto alle forze turche, in chiave filo-curda”. Il fenomeno, rileva Gaiani, non è limitato alla Siria. Nel Donbass, ad esempio, alcuni volontari italiani hanno combattuto nelle file dei ribelli secessionisti filo-russi e altri al fianco delle milizie irregolari ucraine. Una trentina di persone, più o meno equamente divise tra i due schieramenti”. “E’ la stessa molla che all’inizio del secolo scorso portò molti italiani ad arruolarsi nella Legione Straniera. L’aspetto più curioso – osserva ancora Gaiani – è che questi italiani che hanno combattuto dalla parte dei Curdi sono gli unici connazionali che hanno affrontato direttamente, con le armi in pugno, le milizie del Califfato. I militari italiani, mai impiegati in Siria, hanno ufficialmente avuto solo funzioni di addestramento e formazione delle forze curde anti-Isis in Iraq”. Il problema è che questi volontari sono considerati, in Italia, fuorilegge.