40 anni fa ci lasciava il filosofo fascista Ugo Spirito, massimo teoreta del corporativismo
40 anni fa moriva a Roma Ugo Spirito, uno dei più grandi pensatori dell’Italia del Novecento. Filosofo, docente universitario, saggista, aderì al fascismo insieme col suo maestro Giovanni Gentile e fu uno dei teoreti del corporativismo e della rivoluzione fascista. Parecchie sezioni del Movimento Sociale Italiano in tutta Italia erano intitolate a lui.
Ugo Spirito era nato ad Arezzo il 9 settembre 1896 da famiglia agiata (il padre era ingegnere), ma trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra Caserta e Chieti, città dove frequentò con profitto il liceo classico Giambattista Vico. Non è cosa molto nota che da giovanissimo Ugo Spirito si era appassionato alle arti figurative: disegni, olii, autoritratti. La passione gli durò fino al periodo universitario, quando le critiche dei suoi compagni di facoltà lo fecero risolvere a bruciare tutte le sue opere. E fu un bene, altrimenti forse non sarebbe diventato il filosofo ricercatore che oggi conosciamo. Si iscrisse a Roma alla facoltà di Giurisprudenza assistendo alle lezioni di Enrico Ferri e Maffeo Pantaleoni, tra gli altri, e laureandosi nel 1918 con una tesi sulla patria potestà. Due anni dopo, nel 1920, lo vediamo bilaureato in Filosofia con una tesi sul pragmatismo, con relatore Giovanni Gentile. Da quel momento Spirito divenne allievo del filosofo di Castelvetrano per non doversene distaccare più, nonostante un certo allontanamento dottrinario parziale successivo. In quel periodo Spirito divenne collaboratore e in seguito anche direttore di autorevoli rivista culturali dell’epoca, come ad esempio il “Giornale critico della filosofia italiana”, “La Cultura”, “Rivista di Pedagogia”, “Vita Nova”, “Critica fascista”, “Archivio di studi corporativi”, “Nuovi studi di diritto, economia e politica” da lui stesso fondata, nel 1927, insieme con Arnaldo Volpicelli. Nella seconda metà degli anni Venti lavorò alla stesura di alcune voci dell’Enciclopedia Italiana, per la quale curò – tra le altre – proprio la voce su Giovanni Gentile. Contestualmente iniziò la sua attività di docente universitario e iniziò a teorizzare il corporativismo, diventando poi un acerrimo critico del sistema liberale. Dopo l’avvento del fascismo, seguì il suo maestro Gentile e si convinse sempre più che il nuovo regime avrebbe perfezionato la coscienza nazionale iniziata col Risorgimento. Dopo l’omicidio Matteotti optò per una scelta ancora più radicale, sostenendo che il fascismo avrebbe dovuto proseguire sulla strada intrapresa della rivoluzione, senza più contatti con esponenti di passati regimi e partiti e così, al congresso di Bologna degli istituti fascisti di cultura nel marzo del 1925, firmò il Manifesto degli intellettuali fascisti, sottoscritto da 250 intellettuali 33 dei quali ebrei. Tra i firmatari, ricordiamo solo Luigi Barzini senior, Gabriele D’Annunzio, Salvatore Di Giacomo, Curzio Malaparte, Filippo Tommaso Marinetti, Ugo Ojetti, Alfredo Panzini, Luigi Pirandello, Margherita Sarfatti, Ardengo Soffici, Giuseppe Ungaretti, Gioacchino Volpe, Giovanni Papini, Riccardo Bacchelli, Enrico Fermi, Pietro Mascagni, Massimo Bontempelli.
Il fascismo coinvolse gli intellettuali per cambiare lo Stato in modo rivoluzionario: oltre al Manifesto, pochi mesi prima venne creato l’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, poi denominato Istituto di Cultura Fascista, fondato da Giovanni Gentile; nello stesso periodo fu istituito l’Istututo Giovanni Treccani per la pubblicazione dell’Enciclopedia Italiana; nel 1926 fu istituita l’Accademia d’Italia di cui fu presidente per molti anni Guglielmo Marconi. Numerose poi furono le riviste attraverso le quali il fascismo espresse le sue posizioni culturali, da “Primato” a “Critica fascista”, dal “Selvaggio” al “Bargello”. In particolare Giuseppe Bottai, fascista della prima ora e ministro della Cultura popolare, riuscì a coinvolgere nella redazione delle riviste scrittori come Renato Guttuso, Elio Vittorini, Enzo Biagi, Corrado Alvaro, Vasco Pratolini, Eugenio Montale e Cesare Pavese, tutti futuri esponenti dell’antifascismo. Il 1° maggio successivo Benedetto Croce rispose con un Manifesto degli intellettuali antifascisti, pubblicato su diversi giornali dell’epoca. Nel 1929 Spirito partecipò al Congresso nazionale di Filosofia a Roma e iniziò a diventare il maggior teorico del corporativismo fascista, continuando a insegnare e scrivendo saggi filosofici e politici e arrivando a teorizzare un nuovo approccio alla politica che definì problematicismo. Nel 1932 fu molto criticato quando attaccò la concezione tradizionale della proprietà privata e del sindacalismo, da lui visti come una espressione del capitalismo, come l’altra faccia dei capitale, proponendo – per superare questo – di trasformare i lavoratori delle aziende in azionisti delle stesse insieme ovviamente con i datori di lavoro. Era un concetto rivoluzionario e le critiche non mancarono, ma Spirito poté sempre contare sul pieno sostegno di Benito Mussolini e di Giuseppe Bottai. In seguito Spirito si lamentò per questi attacchi, ma in realtà, a freddo, si può affermare che sua carriera non fu mai messa in discussione e che non fu mai perseguitato per le sue opinioni, eterodosse sì, ma non più di quelle di tanti altri intellettuali fascisti. Per tutti gli anni trenta fu continuamente invitato a tenere relazioni, convegni, incontri culturali, nonché al ruolo di giudice presso i prestigiosi Littoriali della cultura. Per capire il suo approccio filosofico, basta leggere la prima frase del suo libro del 1937 “La vita come ricerca”: “Pensare significa obiettare”; e dentro c’è tutto l’intellettuale rivoluzionario e fascista Ugo Spirito. Frattanto si era allontanato dal suo maestro Gentile, sia pure solo dal punto di vista scientifico, e aveva sostenuto strenuamente l’alleanza Italia Germania persuadendosi che alla fine della guerra “Mussolini avrebbe vinto la pace” e dicendosi convinto della natura rivoluzionaria della guerra. Nel 1944 iniziò il processo di epurazione contro Spirito, al quale solo per il volere del fato non toccò il destino del suo maestro Gentile, assassinato in un agguato terrorista da due partigiani rossi a Firenze. Fu sospeso dall’insegnamento e accusato di apologia i fascismo, ma Spirito riuscì a dimostrare che la sua era solo una costruzione dottrinaria e così fu riammesso all’insegnamento. A differenza di molti ex esponenti fascisti, Spirito dopo la guerra non si limitò all’insegnamento ma fu collaboratore di diverse pubblicazioni e relatore nei convegni: insomma, tornò alla vita pubblica. Nel 1962, dopo aver viaggiato in Unione Sovietica e Cina, pubblicò un libro sul comunismo di quei Paesi e sul loro esperimento sociale, ponendo ancora una volta in evidenza il fatto che spesso la rivoluzione tradisce sé stessa. Intanto continuava la sua analisi e la sua ricerca: nel 1971 scrisse con Augusto del Noce “Tramonto o eclissi dei valori tradizionali” e nel 1975 organizzò il primo convegno internazionale su Giovanni Gentile e il suo pensiero. Nel 1977 sposò Gianna Saba. Il 28 aprile di 40 anni fa morì a Roma. Nel 1981 si è costituita a Roma la Fondazione Ugo Spirito, che custodisce l’archivio e la biblioteca del filosofo e si distingue per una serie di valide iniziative culturali. Il presidente è lo scrittore e storico Giuseppe Parlato.