Ciarrapico, il fascista del “fare” tra Almirante e Andreotti
«Ci vuol altro (che due mesi a Regina Coeli), per uno formatosi al Campo Dux. Vi entrai la prima volta quando avevo quattro anni. Littoria era appena fatta. Tutta bianca: una cattedrale di luce». Il fascismo, Giuseppe Ciarrapico, classe 1934, ce l’aveva nel sangue e nella memoria più profonda. E non l’ha mai rinnegato, anche quando approdò alla corte di Andreotti e anche quando invitò Gorbaciov per consegnargli il Premio Fiuggi.
Tra i pochissimi editori di destra
Era un fascista verace, Giuseppe Ciarrapico, tosto e irriverente, ma era soprattutto un fascista del “fare”, uno che capì quale straordinario veicolo di idee (e anche di business) potesse essere l’editoria. E non erano molti, anzi pochissimi, gli editori di destra negli anni Sessanta e Settanta, quando il “Ciarra”, così era chiamato a Roma, cominciò la sua ascesa imprenditoriale. C’era lui, c’era (ma l’esperienza è durata poco) la Rusconi libri diretta da Alfredo Cattabiani, c’erano le Edizioni de Il Borghese e c’era Giovanni Volpe, che poi era il suo esatto opposto antropologico. Figlio del grande storico Gioacchino, Volpe pubblicava il fior fiore dell’intellighenzia conservatrice, tradizionalista e neofascista europea.
Diverso era invece, almeno all’inizio, il “target” di Ciarrapico editore. Dalla sua grande tipografia di Cassino uscivano le copie delle pubblicazioni della Rsi e del periodo bellico. Famosa la riproposta di Signal, la rivista illustrata destinata alla Wehrmacht. Ciarrapico editore cambiò passo quando acquisì le edizioni de Il Borghese all’inizio degli anni Ottanta e poi il catalogo delle edizioni Volpe dopo la scomparsa di Giovanni, avvenuta nel 1984. Come direttore editoriale chiamò Marcello Veneziani e la casa editrice pubblicò libri di qualità. Importante fu la ripresa della rivista Intervento, fondata nel 1972 da Giovanni Volpe e grande laboratorio politico-culturale, un laboratorio animato dalle figure più prestigiose della cultura di destra italiana. Quel periodo di vivacità culturale non durò a lungo e finì con la rottura dei rapporti tra Ciarrapico e Veneziani.
Editore del “Secolo”, amico di Almirante
Il rapporto più stretto con la destra Ciarrapico lo visse nel periodo in cui, nella prima metà degli anni Settanta, fu editore del Secolo d’Italia. Il “Ciarra” portò al nostro giornale la sua capacità manageriale e la sua esperienza editoriale. E i rapporti con Almirante e il Msi rimasero sempre buoni anche quando quell’esperienza finì e Ciarrapico tornò alle sue attività di sempre, che poi per un fascista del “fare” come lui significava trovare sempre il modo di sperimentare nuove forme di attività.
Il decollo imprenditoriale e l’amicizia con Andreotti
E Ciarrapico negli anni Ottanta spiccò il volo come imprenditore: divenne presidente delle terme di Fiuggi. In quegli anni lo chiamavano il “Re delle acque minerali” . Ma le sue attività spaziarono anche nel mondo della sanità (attraverso varie, famose cliniche private romane), la compagnia di aerotaxi “Air Capitol”, la ristorazione (la Casina Valadier) . Divenne anche presidente della Roma. Dovette però abbandonare la carica nel 1993.
È noto che l’ascesa di Ciarrapico come imprenditore fu possibile anche per l’amicizia stabilita con Andreotti, un’amicizia che comunque non impedì mai a Ciarrapico di mantenere buoni rapporti con la destra. E il fascista del “fare” divenne anche uno degli uomini chiave della Prima Reubblica . Andreotti lo volle a fare da intermediario tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti nel famoso Lodo Mondadori. Ma a volerlo fu anche l’editore Carlo Caracciolo, di cui era diventato amico. Fu davvero un’amicizia sraordinaria quella dell’editore fascista vicino ad Almirante e ad Andreotti e l’aristocratico editore dell’Espresso., a riprova della enorme vitalità e della grande corrente di simpatica che si sprigionavano dalla persona di Ciarrapico.
Il finale politicamente scorrettissimo
Purtroppo non gli sono mancati i guai giudiziari, tra i quali quello del 1996, quando venne coinvolto nel processo relativo al crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. E gli altri guai gli povvero addosso sempre in quegli anni. Ma ormai siamo già nella Seconda Repubblica e il suo vecchio mondo non c’era più. Però anche in quella stagione non felice Ciarrapico è riuscito a reinventarsi, Tra il 2008 e il 2013 lo ritroviamo senatore del PdL in un periodo in cui Ciarrapico si mette anche in mostra per varie dichiarazioni politicamente scorrettissime.
Il fatto è che Ciarrapico è riuscito ad andare avanti e a raggiungere grandi traguardi imprenditoriali senza mai rinnegare se stesso. In Italia è un merito non da poco.
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