Etiopia, i piloti del Boeing 737 Max seguirono le procedure ma l’aereo non rispose
I piloti del Boeing 737 Max 8 precipitato in Etiopia il 10 marzo scorso, sei minuti dopo il decollo da Addis Abeba, seguirono tutte le procedure raccomandate dall’azienda costruttrice del velivolo. Ma, nonostante questo, non riuscirono a controllare il velivolo che precipitò uccidendo 157 persone, fra cui 8 italiani.
E’ questa l’ultima conclusione a cui sono giunti i tecnici chiamati a esprimersi, con un rapporto preliminare, sul disastro del volo ET302, schiantatosi esattamente com’era accaduto nell’ottobre 2018 a un aereo identico, anche in quel caso un Boeing 737 Max8, anche in quel caso nuovo di zecca, il volo JT610 della compagnia aerea indonesiana low cost Lion Air precipitato in mare, poco dopo il decollo dall’aeroporto di Giacarta uccidendo 189 persone.
Anche in quel caso il velivolo, che montava il sistema Macs utilizzato dalla Boeing per controbilanciare, attraverso un software, lo spostamento dei motori effettuato dall’azienda statunitense per risparmiare carburante, era precipitato pochi minuti dopo il decollo: era stato collaudato dalla Boeing il 30 luglio 2018 ed era stato quindi consegnato a Lion Air il 13 agosto successivo. Due mesi e mezzo dopo precipita.
E’ emerso che il problema è rappresentato proprio dal sistema Mcas, Maneuvering Characteristics Augmentation System, il software che la Boeing è stata costretta a montare sui 737 Max8 per modificare artificialmente l’assetto del velivolo impedendogli di andare in stallo.
Per andare incontro alle compagnie aeree e fornire loro un velivolo particolarmente allettante – uno dei costi maggiori a cui le aerolinee vanno incontro è quello del costo del carburante – la Boeing ha chiesto ai propri ingegneri di progettare un aereo che fosse particolarmente economico nella gestione.
La soluzione – che fa risparmiare alle compagnie fino al 14 per cento di carburante – fu trovata modificando l’assetto del velivolo: i motori vennero montati più avanti e più in alto. Ma questo, assieme alla forma a gondola dei motori, pur portando a un notevole incremento del risparmio di carburante, al contempo, ha reso instabile l’aereo mettendolo a rischio stallo con il muso che tende a puntare verso l’alto.
La soluzione per compensare questo cambio d’assetto è stata quella di dotare, appunto, i Boeing 737 Max 8 del sistema Mcas, Maneuvering Characteristics Augmentation System, il software che riporta il muso del velivolo verso terra.
Il Mcas elabora i dati dai sensori di angolo di attacco e previene lo stallo modificando automaticamente la posizione del velivolo durante le virate con fattori di carico elevati e durante l’utilizzo di flap in volo a velocità in avvicinamento allo stallo. Ma, appunto, ha il “difetto” di far puntare il muso verso terra all’aereo.
Boeing sapeva bene che il 737 Max aveva questi problemi. E, dopo l’incidente del 29 ottobre 2018, emise un bollettino mondiale di servizio, il cosiddetto Omb, “Operation Manual Bulletin”, per tutti i Boeing 737 Max 8 e 9 avvisando che il sensore di angolo di attacco dell’aereo poteva fornire informazioni errate provocando un’inclinazione improvvisa e aggressiva del muso del velivolo verso terra.
Al bollettino della Boeing era seguita la direttiva formale dell’FAA, la Federal Aviation Administration che imponeva nuove procedure operative per i piloti alla cloche dei Boeing 737 Max e, in particolare, di intervenire con il trim di stabilizzazione elettrica per compensare e opporsi alla manovra che il sistema Macs stava effettuando facendo puntare la prua dell’aereo verso terra.
Boeing e FAA avvertivano anche che cinque secondi dopo che gli interruttori erano stati rilasciati dai piloti, il problema poteva riproporsi nuovamente.
In definitiva i piloti erano chiamati ad escludere e neutralizzare il sistema per evitare che facesse puntare il muso dell’aereo verso terra.
Una procedura che, secondo le conclusioni della relazione preliminare rilasciata ora, i piloti del Boeing 737 Max 8 precipitato in Etiopia il 10 marzo scorso hanno eseguito correttamente. Senza, però, riuscire ad evitare il disastro innescato dal sistema Macs.