Il decreto flussi rischia di essere una messinscena: o si cambia o c’è l’effetto boomerang
Il decreto flussi è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 9 aprile, dopo tanto tergiversare da parte del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Ad indurre il leader della Lega a rompere gli indugi non sembrano però essere state le ripetute sollecitazioni dell’opposizione in Parlamento e delle organizzazioni di categoria maggiormente interessate, come la Coldiretti. Sono state piuttosto le europee del 26 maggio a dettare le tempistiche? Mostrare un volto benevolo nei confronti degli immigrati regolari in campagna elettorale gioverà poi alle urne? Chissà.
Dubbi comunque restano sull’opportunità del provvedimento in una fase come quella attuale, caratterizzata da una significativa presenza d’immigrati irregolari, sprovvisti di documenti validi o arrivati in Italia già senza documenti, oltretutto da molti di quei paesi ai cui lavoratori verranno aperte le porte per impieghi stagionali, non stagionali e autonomi (30.850 in totale secondo il decreto). Non sarebbe stato invece più opportuno regolarizzare quanti già presenti in territorio italiano? Ad esempio quelli che per motivi formali e burocratici non hanno ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno e che lavorano in nero? O di facilitare la conclusione della pratica ai tanti che restano in lista d’attesa, sebbene siano idonei ad avere un contratto di lavoro? Un’ingiustizia che riguarda in maniera particolare le donne.
Da un altro punto di vista, l’enfasi posta sui “flussi regolari” non è in evidente contraddizione con la permanenza di ampie sacche d’irregolarità tra gli stranieri in territorio italiano? Da un ministro che ha fatto delle politiche migratorie il suo punto forte, gli elettori si sarebbero aspettati provvedimenti più incisivi volti ad “aggredire” il fenomeno, con riferimento soprattutto a quell’irregolarità che alimenta la criminalità. Ma il numero dei rimpatri e delle espulsioni resta irrisorio. Se, in sostanza, la presenza d’immigrati in Italia aumenta anche con Salvini al Viminale, dove sta la differenza con i suoi predecessori?
Il governo del cambiamento continua perciò a cambiare poco o nulla e quel poco persino in peggio. Lo sgombero dei centri di accoglienza ha prodotto soltanto migliaia di nuovi senza tetto, specie tra i migranti africani. Al di là della retorica e dei porti chiusi, il Ministro dell’Interno ha una vera strategia sull’immigrazione? Oppure il suo è un navigare a vista, che segue rotte elettorali per la mera acquisizione del consenso? Creare l’illusione di una gestione più saggia dell’immigrazione rispetto alla sinistra si rivelerà prima o poi un boomerang proprio alle urne.
Ancor peggio, coloro che operano nel settore dell’immigrazione ritengono che il decreto flussi nasconda un doppio inganno. Oltre agli elettori di centrodestra, gli ingannati sarebbero gli stessi immigrati o meglio quelli che aspirano a esserlo. Perché tra il click day del 16 aprile, quando scatterà il via alla presentazione delle richieste di lavoro, e l’effettiva attuazione del decreto c’è di mezzo il mare della burocrazia, dove quelle stesse domande potranno annegare una volta passata l’emergenza legate alle elezioni europee. Il decreto flussi ha dunque tutta l’aria dell’ennesima messinscena, mentre le politiche migratorie sono una cosa seria.