Israele al voto: “Bibi” Netanyahu punta sulla sua amicizia con Trump e Putin
Stavolta “Bibi” Netanyahu ha un osso duro da rodere. Le elezioni di martedì in Israele sono soprattutto un referendum su Benyamin Netanyahu, il primo ministro in cerca di un quinto mandato. A sfidare “re Bibi” è un altro Benyamin, l’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz, che accusa Netanyahu di una deriva di potere sempre più personalistica, autoritaria e corrotta, sull’esempio di quanto fa Erdogan in Turchia. La questione palestinese sembra intanto praticamente scomparsa dal dibattito, così come la sinistra israeliana. Alto 1,95 metri, il fisico atletico e gli occhi azzurri penetranti, il 59enne Gantz ha ricoperto ruoli di responsabilità in quasi tutte le vicende militari israeliane. Le sue credenziali nel campo della sicurezza sono impeccabili, così come non vi sono ombre sulla sua integrità morale. Su posizioni laiche e centriste, l’ex generale si presenta come “alternativa positiva” alla “leadership “divisiva” di Netanyahu, che accusa di appoggiarsi sempre più all’estrema destra pur di rimanere al potere. Il primo ministro è “un uomo corrotto che sta distruggendo il Paese”, afferma l’austero ex militare, in Israele “non abbiamo bisogno di un re”. Al voto, Gantz si presenta alla testa dell’Alleanza Blu e Bianco, i colori della bandiera d’Israele. Con lui si sono candidati altri due ex capi di Stato maggiore: Moshe Yaalon e Gabi Ashkenazi. E del nuovo partito fa parte anche la formazione laica Yesh Atid dell’ex ministro delle Finanze Yair Lapid che, in caso di vittoria, si alternerà con Gantz alla guida del governo. Una foto dei quattro maschi alfa – Ganz, Yaalon, Ashkenazi e Lapid – ha fatto discutere sulla mancanza di figure femminili di spicco nella disfida elettorale, anche se Bianco Blu candida la prima donna diventata generale, Orna Barbival. Gli ultimi sondaggi indicano il partito di Gantz in testa con una trentina di deputati su 120 della Knesset. Il Likud è indietro di 4 seggi, ma paradossalmente Netanyahu potrebbe comunque riuscire lo stesso a ottenere un quinto mandato, perché per lui è più facile trovare alleati, sia fra i partiti alla sua destra che con gli ultraortodossi, cui non piace il piglio laico di Gantz e Lapid. Del resto a far precipitare Israele verso elezioni anticipate è stata l’impossibilità di trovare un accordo in seno al governo sulla leva militare per gli ultraortodossi.
I sondaggi indicano in Netanyahu il vincitore
A sinistra di Gantz, laburisti e Meretz non dovrebbero raccogliere consensi sufficienti per fare un governo anche con un appoggio esterno dei partiti arabi. L’ex generale è pronto anche a dialogare anche a destra e con i partiti religiosi, ma non è detto che riuscirà a formare con loro un governo. Gli elettori israeliani ne sono ben consapevoli: secondo gli ultimi sondaggi, il 52-58% degli israeliani, al di là delle proprie preferenze politiche, si dice certo che alla fine “Bibi” tornerà a guidare il governo. Politico abile e spregiudicato, ancora pieno di energia a 69 anni, Netanyahu si presenta al voto con l’handicap di tre inchieste di corruzione per il quale potrebbe essere incriminato, come ha raccomandato il procuratore generale Avichai Mandelblit. Sono vicende di favori politici in cambio di articoli favorevoli sui media (in due casi) o di forniture di casse di champagne e sigari, sulle quali Netanyahu si dice completamente innocente, vittima di una caccia alle streghe ordita dalla sinistra. Sono anche storie che coinvolgono la moglie del premier, Sarah (destinataria dello champagne), descrivendo un opaco sistema di potere e privilegi ben lontano dall’austerità della semplice Israele dei pionieri. Malgrado le accuse, Netanyahu continua tuttavia a rappresentare per molti israeliani una garanzia per la sicurezza. Ieri, nelle ultime fasi della campagna, ha promesso che se sarà rieletto estenderà la sovranità sugli insediamenti in Cisgiordania, assicurandosi così l’appoggio dei coloni. E se Gantz piace più agli over 45, il primo ministro è in testa ai sondaggi fra gli elettori più giovani. Il primo ministro ha giocato più volte la carta della minaccia dell’Iran, che preoccupa gli israeliani per la presenza di forze di Teheran in Siria. E si è presentato come il diplomatico che ha stretti rapporti sia con Donald Trump che con Vladimir Putin. Il presidente americano gli ha fatto due regali importanti: lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità israeliana sul Golan. Putin gli ha consegnato giovedì i resti di un soldato israeliano sepolto in Siria, disperso dalla guerra del Libano del 1982. “Aspettavamo questo giorno da 37 anni. Riportare a casa i nostri figli tocca la nostra più profonda identità d’israeliani ed ebrei”, ha detto poi Netanyahu, durante il funerale nel cimitero militare sul monte Herzl.
Campagna elettorale all’insegna dei colpi bassi
Se Gantz accusa Netanyahu di corruzione, il premier ha fatto di tutto per screditare l’immagine di uomo tutto d’un pezzo dell’ex generale, in una campagna che si è giocata anche sui social a colpi di fake news. E pur di garantirsi alleati a destra ha dato via libera all’entrata di candidati estremisti dell’Otzma Yehudit nella lista Unione dei partiti di destra, sollevando molte critiche anche fra gli ebrei americani. L’Alta Corte di Giustizia ha poi escluso dal voto il leader dell’Otzma, Michael Ben Ari, a causa del suo “grave ed estremo razzismo”. Al di là dello scontro fra Gantz e Netanyahu, quello che appare certo è che il parlamento israeliano che uscirà dal voto sarà sicuramente molto frammentato. Accanto a Likud, Blu e Bianco, la sinistra tradizionale di Laburisti e Meretz, le due formazioni degli ultraortodossi, troviamo i centristi di Kulanu e Gesher, la Nuova Destra, l’Unione dei partiti di destra, la destra libertaria dello Zahut e Yisrael Beitenou. Tanti sono gli elettori indecisi che potrebbero cambiare idea all’ultimo momento cambiando gli equilibri. La soglia di sbarramento è del 3,25% e basteranno piccoli spostamenti di voti per tenere fuori dalla Knesset alcune formazioni minori. Un altro fattore importante è l’affluenza degli arabi israeliani, che rappresentano il 17% delle elettorato, pari a un potenziale di 20 deputati. Molti potrebbero scegliere di rimanere a casa, anche fra i drusi, tradizionalmente leali a Israele ma delusi e arrabbiati per la legge sullo Stato-nazione voluta dal governo Netanyahu.
Oggi l’unica Destra che combatte per l’esistenza della Patria è quella israeliana.