Terremoto, l’ira di Bertolaso: «I radical chic mi hanno gettato il fango addosso»

3 Apr 2019 15:47 - di Fulvio Carro

«Tutto ciò che doveva e poteva essere fatto a L’Aquila è stato fatto. E le critiche, a 10 anni dal terremoto, arrivano da commissari tecnici che non sono mai stati nel capoluogo abruzzese, i radical chic di cui speriamo il Paese si sbarazzi il prima possibile e danno i numeri. Come il settimanale L’Espresso, che scrive di ricostruzione show». Così con forza e amarezza, Guido Bertolaso, a capo della Protezione Civile quando il sisma colpì il 6 aprile 2009 L’Aquila, parlando con l’Adnkronos dalla Turchia, affonda il suo j’accuse contro chi «non ha voluto metterci la faccia» e, al di là delle retoriche e promesse di semplificazione burocratica dei ministri di turno, non ha saputo «sbattere i pugni sul tavolo, decidere e tirare fuori dalle macerie» il popolo del centro Italia.

Bertolaso: «Non ha funzionato il post emergenza»

«Nel capoluogo abruzzese non ha funzionato il post emergenza», afferma l’ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, certo di non aver alcun rimpianto o rimorso. Solo consapevolezza di aver agito con passione in modo straordinario: «Siamo stati a L’Aquila fino al 31 gennaio 2010 – ricorda – Abbiamo consegnato alle autorità locali chiavi, case, scuole, conservatorio, 80mila sfollati sistemati in situazioni decorose. Abbiamo rimesso loro sia il portafoglio che i poteri decisionali di intervento ma purtroppo non sono stati messi nelle condizioni di poter operare per carenze, sicuramente problemi di burocrazia. Ma è pensabile – domanda provocatoriamente Bertolaso – che una città d’arte come L’Aquila possa essere ricostruita in due anni?». E afferma: «Chi lo dice non sa di cosa parla. L’Aquila è una delle venti città d’arte d’Italia, non una cittadina giapponese o cilena o della Nuova Zelanda». E se il grande esempio di successo di cui tutti si riempiono la bocca per quanto riguarda il modello di ricostruzione perfetta, è il Friuli, non si racconta «che il terremoto del Friuli colpì dei paesi, non una città. Se fosse stata distrutta Udine, sarebbe andata alla stessa maniera? No, non sarebbe stato lo stesso». Dunque? «Il 6 aprile lo dissi: ci sarebbero voluti minimo dieci anni per ricostruire L’Aquila. Dunque per me i tempi non sono stati più lunghi del dovuto e del previsto».

Marsilio: «Smantellare il modello Bertolaso è stato un errore»

La ricostruzione guidata da Guido Bertolaso, a capo della Protezione Civile il 6 aprile 2009 quando un terremoto magnitudo 6.3 devastò L’Aquila e tutta la Valle dell’Aterno, «è stata una mano santa. Magari fosse andata così in occasione dei terremoti successivi». Ad affermarlo è il neo-presidente eletto della Regione Abruzzo, Marco Marsilio che aggiunge: «Voler smantellare il modello Bertolaso ha prodotto i risultati disastrosi che abbiamo visto nel 2016-2017. Cacciare le strutture dello Stato oltre che la Protezione Civile è stato un errore – afferma Marsilio – Aver voluto riconsegnare all’ordinaria amministrazione una procedura straordinaria ed enorme ha provocato ingolfamento degli uffici e rallentamenti del percorso», spiega. Pertanto, nessuna “star dell’emergenza” avrebbe compromesso, secondo il governatore, la ricostruzione in Abruzzo dopo il sisma del 2009 a L’Aquila. Lo dimostrano i successivi eventi sismici nel centro Italia anche se «in un clima di celebrazioni è un po’ difficile mettersi a fare polemiche su ciò che non è stato fatto in passato o sulle responsabilità di chi ha voluto contrastare un modello. Spero in un cambio di passo con un nuovo decreto che scriva la parola ‘fine’ sul passato in favore di un impianto semplificato».

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