“Uno vale uno” anche nei concorsi: il M5s vuole abolire il voto di laurea
Ti sei laureato con 110 e lode? Per il M5s devi valere quanto un fuoricorso che ha conseguito la laurea per il rotto della cuffia con un punteggio basso. Il governo del “cambiamento” si vede anche da questi particolari.
Laurea nei concorsi: l’iter della proposta di legge
È stato assegnato, infatti, il 2 aprile scorso in Commissione Lavoro della Camera, il controverso disegno di legge che elimina il voto di laurea dai requisiti richiesti per accedere ai concorsi pubblici.
Secondo Maria Pallini, la deputata M5s prima firmataria della proposta di legge, “considerare in modo differente due candidati, solo perché uno dei due ha ottenuto un punteggio più alto alla laurea, è fortemente discriminatorio”.
Nel contratto di governo la materia non è trattata. Ma il principio egalitario dell’uno vale uno piace ai grillini in tutti i campi. Nella scorsa legislatura il tema era stato cavalcato da Carlo Sibilia, che aveva argomentato in questi termini la proposta: «Se nel post dopoguerra e negli anni del benessere economico non si riscontravano un numero così elevato di laureati e una così alta percentuale di disoccupati e inoccupati, soprattutto tra i giovani, il predetto sistema di accesso ai concorsi pubblici poteva, anche se discriminatorio, risultare valido». Oggi invece, per l’attuale sottosegretario al ministero degli Interni «i giovani necessitano di una riforma che garantisca la possibilità di accedere ai pochissimi e sempre più rari concorsi pubblici senza alcuna discriminazione di sorta».
La proposta di legge arrivata in Commissione Lavoro della Camera
Quindi, in questa legislatura si è tornati alla carica. «La previsione del requisito minimo del voto di laurea in bandi di concorso pubblico deve essere vietata perché – secondo il M5S – tende ad escludere a priori e senza alcuna reale motivazione una parte degli aventi diritto. Inoltre si tratterebbe di incentivare la concorrenza tra le Università, in modo che tutte tendano ad offrire un servizio di qualità e garantiscano agli studenti adeguata preparazione per il mondo del lavoro».
Un primo passo per eliminare completamente il valore della laurea? Sotto un profluvio di polemiche dal mondo della scuola la Pallini è stata costretta a rettificare la posizione dei pentastellati. «Un presunto orientamento del Movimento 5 Stelle a favore dell’abolizione del valore legale del titolo di studio – ha precisato la deputata grillini – non è per nulla contemplata nella proposta». «Si precisa, inoltre, che nella posizione del Movimento non esiste alcuna intenzione di vanificare la meritocrazia non riconoscendo il valore di un titolo di studio il cui conseguimento richiede molti sacrifici». Eliminando però la necessità di indicare il voto, l’appiattimento de-meritocratico è inevitabile. Insomma, “Uno (con 110 e lode) vale uno (con il minimo dei voti)”.
ma bene, ora anche questa str…………ata, sarebbe ora che codesti andassero a ramengo.
I più capaci, i cervelli migliori, se possono fuggono all’estero e questo è un grave danno; quelli a cui non si apre tale opportunità rimangono a lottare con le unghie e con i denti per ottenere il giusto riconoscimento dell’ impegno profuso negli studi. Certo, anche il Quoziente Intellettivo va considerato: pare proprio che i soggetti meno forniti di intelligenza, qualunque sia il loro voto di laurea, abbiano deciso di darsi alla politica militando in un movimento che, se sparisse, porterebbe solo giovamento a questa povera Italia.