A Cannes Palma d’oro alla carriera per Alain Delon. “Devo tutto alle donne”
Commozione, ricordi, aneddoti. E uno stile unico. “Questo premio non è per me ma per i grandi registi che mi hanno diretto. Non ci sono più, lo ritiro per loro, altrimenti avrei continuato a rifiutare”: sono le prime parole di Alain Delon, accolto da una ovazione, nel ricevere la prestigiosa Palma d’oro alla carriera al Festival di Cannes.
L’intramontabile mito del cinema francese, 84 anni, che ha trasformato l’incontro con il pubblico in una lezione di cinema, si è commosso in più occasioni rivedendo le scene di alcuni dei suoi film. Quando scorrono le immagini della bellissima scena con Annie Girardot sul tetto del Duomo di Milano a Delon scendono giù le lacrime. «Non sono vento qui a piangere», dice, «ma quella è una scena speciale, mi fa pensare ad Annie che non c’è più». Poi confessa di non riuscire a rivedere tutti i suoi più grandi film perché quasi tutti i suoi colleghi e amici sono morti. «È troppo dura. La piscina di Jacques Deray non potrò mai più vederlo, è impossibile. Le tre persone che adoravo di più se ne sono andate. Romy, Deray, Ronet. Sentir dire a Romy “Ti amo” e sapere che non c’è più… non ci riesco». E della Schneider, il grande amore della sua vita con cui fece coppia sullo schermo, racconta che fu lui a volerla per il ruolo di Marianne. I produttori pensavano a un’attrice americana, a Monica Vitti. Io dissi “o prendete Romy o io me ne vado”. Nella sua carriera c’è anche l’Italia e Luchino Visconti. «Ci incontrammo una sera a teatro, a Londra. Lui mi disse “Ti ho visto recitare, tu sei Rocco per me. A meno che non sia tu a rifiutare».
In tutto 95 film come attore, 30 da produttore, 3 come regista per l’attore dagli occhi blu che deve tutto alle donne. «Sono bello, sì. E sembra che fossi molto molto bello», dice ricordando di aver iniziato la sua carriera quasi per inciampo, anzi per la sua bellezza. «Mi sono accorto presto che mi guardavano tutti. Le donne erano pazze di me e per loro ho sempre voluto essere il più bello, il più grande, il più forte: per leggerglielo negli occhi. Sono state loro, le donne, a spingermi a fare questo mestiere». L’ultima volta al cinema, ricorda con ironia, è stato un beffardo Giulio Cesare in Asterix alle Olimpiadi.
Estremo in tutto, Alain Delon, tombeur de femmes e “canaglia”, più volte criticato per la sua vicinanza alla destra e l’amicizia scomoda con Le Pen, accusato di fascismo, razzismo e di ogni nefandezza, non rinnega nulla del suo passato. Una vita a perdifiato tra amori folli (Nathalie Delon, Jill Fouquet, Romy Schneider, Nico, Dalida, Mireille Darc, Rosalie Van Breemen), figli (nove), passioni pericolose (i cavalli, la boxe, il gioco), velata di malinconia negli ultimi anni segnati da una malattia al cuore.
“Ho paura che ci saranno domande a cui non risponderò”, ha esordito Delon davanti ai giornalisti e al pubblico. La sua presenza a Cannes, infatti, era contestata nei giorni scorsi dal solito manipolo di femministe da operetta, per via di alcune dichiarazioni dell’attore su donne e gay e della sua vicinanza alla estrema destra. «Non si può contestare la mia carriera», si è difeso Delon dalle pagine di Le Figaro. Stesso giudizio da parte del direttore del Festival Thierry Frémaux: «Non gli diamo il Nobel per la pace, premiamo il suo percorso artistico». Come omaggio, il Festival ha scelto di proiettare due dei suoi capolavori d’interpretazione meno noti: Mr Klein di Joseph Losey e La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, entrambi restaurati per l’occasione.