Giorgia Meloni porta un fiore ai dimenticati sette fratelli Govoni, vittime della furia partigiana

6 Mag 2019 19:45 - di Antonio Pannullo

Le istituzioni italiane e soprattutto l’Anpi ovrebbero spiegare perché negli ultimi decenni si è – giustamente – parlato dei sette fratelli Cervi, sui quali si organizzano convegni, dibattiti e dove intere scolaresche vengono portate per conoscere la storia (a senso unico), e mai nessuno parla, tranne che la destra, dell’analogo eccidio partigiano dei sette fratelli Govoni, avvenuto a guerra finita ad Argelato. Oggi Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, sarà a Cento, in Emilia Romagna, per incontrare i familiari – quelli sopravvissuti – dei fratelli Govoni e per ricordare con loro l’anniversario di quella barbara strage partigiana, commessa a guerra finita con modalità atroci. Tra l’altro, la cosa che pochi sanno, è che la furia partigiana stava per abbattersi anche sull’ottava dei fratelli Govoni, che si salvò solo perché si era sposata e viveva altrove con il marito e il suo bambino di pochi mesi. L’incontro con i familiari delle vittime è avvenuto alle 15. Subito dopo la Meloni si è recata – accompagnata dai familiari e dai parlamentari emiliani di Fratelli d’Italia Alberto Balboni, Tommaso Foti e Ilenya Lucaselli – presso il cimitero di Pieve di Cento per deporre un fiore sulla tomba dei fratelli Govoni. Come spiega il parlamentare Balboni: “In pochi ricordano che i sette fratelli Govoni furono trucidati da una banda di partigiani comunisti l’11 maggio 1945, a guerra ampiamente conclusa. È una delle pagine più atroci della guerra civile, ma la loro storia non è citata dai libri di scuola, per loro non c’è un museo, le scolaresche non vengono portate a vedere dove vissero e dove morirono, le istituzioni evitano accuratamente ogni commemorazione”. E aggiunge: “La loro memoria – come quella di altre migliaia di vittime innocenti che ebbero il solo torto di trovarsi dalla parte dei vinti – sopravvive solo per l’interessamento dei familiari. Eppure la loro tragedia è emblematica dell’atmosfera di violenza, terrore e omertà che all’epoca regnava nel cosiddetto triangolo della morte e non solo. Colpevoli di essere ritenuti fascisti, anche se soltanto due dei fratelli risposero alla coscrizione obbligatoria della Rsi, furono prelevati dai comunisti e sottoposti a sevizie indicibili e infine strangolati. E ciò nonostante fossero stati appena prosciolti dal Cln, che non aveva ravvisato alcuna colpa a loro carico”. “Dopo il massacro, molti sapevano ma tutti tacevano, nel terrore di nuove vendette e omicidi – prosegue Balboni -. Solo nel 1949 i componenti della brigata comunista che si era macchiata della strage furono denunciati, ma nel frattempo gli assassini si erano già messi al sicuro in Cecoslovacchia grazie all’aiuto del Partito Comunista. A tanti anni di distanza, sarebbe giusto che si ricordasse anche questa tra le tante pagine tragiche della guerra civile, per ricomporre finalmente la memoria lacerata della Nazione tributando a tutte le vittime innocenti e dimenticate, anche quelle tra i vinti, l’omaggio che meritano”.

Pubblichiamo i link di acluni degli articoli del Secolo d’Italia sull’eccidio dei fratelli Govoni

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