I giudici sul ricatto a Piero Marrazzo: «In procinto di piangere, non più un uomo»
«Nel filmato girato nell’abitazione della trans Natali» le immagini «mostrano un uomo con atteggiamento di sconforto e di resa, forse in procinto di piangere. Insomma non più un uomo con la sua identità, ma un avere propria maschera di sofferenza interiore»: così i giudici che lo scorso 28 ottobre hanno condannato quattro carabinieri a quasi 30 anni complessivi di carcere per il ricatto a luci rosse contro l’ex-governatore del Lazio, Piero Marrazzo, avvenuto nel luglio del 2009, spiegano, nelle motivazioni della sentenza che quel filmato «fu un’operazione preordinata (…) il cui video doveva servire loro come strumento per ricattare l’importante uomo politico e ottenere conseguentemente da lui somme consistenti di denaro».
«Pervasivo e senza pietà il trattamento che viene riservato dai militari all’ex-presidente della Regione Lazio», sostengono i magistrati romani secondo i quali «la vita di Marrazzo verrà devastata da questa vicenda, nei suoi affetti familiari e nelle sue cariche istituzionali e nel suo lavoro di giornalista come dimostrano i fatti accaduti successivamente».
«Dalle risultanze istruttorie emerge in maniera insuperabile – scrivono i giudici della IX Sezione di piazzale Clodio – che i carabinieri fossero a conoscenza già da prima della loro irruzione che Marrazzo quella mattina avrebbe raggiunto Natali nell’abitazione di quest’ultimo e che l’uomo politico a una certa ora sarebbe effettivamente arrivato. I tre carabinieri avevano preordinato le modalità come sopra ricostruite, e i mezzi di intervento per sorprendere l’importante uomo politico nella casa del trans durante i loro congressi sessuali accompagnati da sniffata di coca».