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MARCELLO DE VITO E LE ARANCE IN CAMPIDOGLIO: ora è in carcere a Regina Coeli per le tangenti che avrebbe preso

Il Riesame: «ostinata inclinazione delinquenziale del grillino Marcello De Vito»

Cronaca - di Redazione - 17 Maggio 2019 - AGGIORNATO 18 Maggio 2019 alle 11:52

L’ex-presidente del Consiglio comunale di Roma, il Cinque Stelle, Marcello De Vito, «barattava i suoi poteri agli interessi privati» ed «è stato un affidabile interlocutore privilegiato di grandi gruppi imprenditoriali interessati ad importanti opere urbanistiche nella Capitale».

E’ micidiale e devastante il ritratto che il Tribunale del Riesame di Roma fa del politico grillino che si è fatto spazio sgomitando al grido di «onestà, onestà!» ed è riuscito ad agguantare lo scranno di presidente del Consiglio comunale in quota M5S salvo esserne poi disarcionato nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma che lo ha portato in carcere, assieme ai suoi complici, con l’accusa, pesantissima, di corruzione.

Nelle motivazioni con le quali il Tribunale del Riesame ha confermato la detenzione in carcere per De Vito, arrestato lo scorso 20 marzo insieme con il suo socio, l’avvocato Camillo Mezzacapo, i giudici spiegano che il “mister preferenze” che entrò in consiglio con 6.500 voti ha agito «barattando il suo ruolo, operando in maniera tale da funzionalizzare i propri poteri agli interessi dei privati, mostrando una elevata capacità di incidere ed indirizzare gli atti espressione di uffici formalmente diversi dal proprio».

I giudici ricordano una conversazione dello scorso 4 febbraio, oggetto di intercettazione ambientale, nella quale Mezzacapo «sollecita De Vito ad approfittare del momento particolarmente favorevole dal punto di vista politico, per incrementare le occasioni di profitti illecitinoi, Marce’, dobbiamo sfruttarla sta cosa secondo me, cioè guarda, ci rimangono due anni…»).

«Emerge chiaramente che De Vito e Mezzacapo intendono sfruttare appieno la situazione favorevole venutasi a creare con la nomina del primo a presidente del consiglio comunale e che con cupidigia l’avvocato paragona alla cometa di Halley, costituendo la contestuale presenza dell’M5S al governo del Paese e della città di Roma Capitale, una congiuntura non riproponibile e quindi un’occasione da non perdere assicurando un elevato margine di intervento nella gestione della cosa pubblica che permetta una massimizzazione di profitti illeciti».

«Dal 2017 ai primi mesi del 2019, il presidente dell’assemblea capitolina, Marcello De Vito, «è stato un affidabile interlocutore privilegiato di grandi gruppi imprenditoriali interessati ad importanti opere urbanistiche nella Capitale», scrivono i giudici del Riesame.

«Numerosi e significativi sono gli elementi che permettono di apprezzare l’elevato grado di pericolo di  recidiva e di inquinamento probatori», sottolineano i giudici spiegando che «non è presente in atti nessuna dimissione di De Vito e che la sospensione è frutto di una scelta amministrativa legata al provvedimento cautelare».

«In ogni caso, la gravità dei fatti emersi, così come fin qui illustrata, unita alla prosecuzione dell’attività delinquenziale tenuta da De Vito e da Mezzacapo, anche dopo gli arresti di Parnasi consente di coglierne – aggiunge il Riesame – l’ostinata inclinazione delinquenziale ma anche di apprezzare una qualità di rapporti intessuti, alcuni dei quali tutt’ora in fase di accertamento, che, quanto meno allo stato, per la solidità delle cointeressenze sottese e la tensione al superamento di qualsiasi ostacolo possa frapporsi al raggiungimento dell’obiettivo illecito degradando quasi a dato meramente formale il ruolo pubblico del ricorrente che, si ripete ha agito nonostante l’arresto di un importante esponente dell’amministrazione comunale, quale il Lanzalone, il quale a sua volta, come è noto, pur non rivestendo alcuna carica pubblica è risultato comunque in grado di fungere da tramite con gli uffici comunali».

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di Redazione - 17 Maggio 2019