36 anni fa il calvario di Enzo Tortora. Da allora è cresciuto solo il potere delle toghe

17 Giu 2019 13:54 - di Francesca De Ambra

Shhh! Silenzio, per favore: oggi è il giorno che ricorda l’inizio del calvario giudiziario che nel giro di cinque anni portò Enzo Tortora prima in carcere e poi nella tomba, pur assolto da ogni infamia. Faremmo perciò meglio a ricordarlo zittendo per un attimo l’assordante tam tam sul “caos procure” che da giorni tiene banco in tv e sui giornali tra mille ipocrisie, non poche reticenze e qualche strumentalizzazione di troppo, e riflettendo sul perché quel moderno sacrificio umano non sia in fondo riuscito a cambiare neppure di una virgola i guasti del nostro sistema giudiziario. Fosse stato ancora tra noi, certamente Tortora non avrebbe esitato a marchiare con parole di fuoco lo spaccato di marcio in Csm emerso grazie al trojan inoculato dalle toghe di Perugia nel telefonino del loro collega Luca Palamara: manovre, ricatti, veti, minacce e persino dossieraggi tra magistrati inquadrati in correnti e gli uni contro gli altri armato per il controllo delle Procure più importanti. Procure, si badi, e non tribunali e collegi giudicanti. Perché è esattamente da lì che si va a comandare e a trasformare l’azione giudiziaria nella continuazione della lotta politica con altri mezzi, semmai con il miraggio di uno scranno parlamentare o – perché no? –  di una poltrona ministeriale.

Il sacrificio di Tortora è stato inutile

Gira e rigira si ritorna sempre alla madre di tutte le questioni: la vile ritirata del Parlamento che con leggi tanto compiacenti quanto scellerate ha alterato a proprio danno gli equilibri costituzionali e favorito meccanismi di carriera tutt’altro che meritocratici nella magistratura. I volenterosi carnefici di Tortora fecero carriera  e uno di loro arrivò persino a sedere in quel Csm oggi agli onori, si fa per dire, della cronaca. Mai più, si disse allora. Ma fu la solita reazione all’italiana: epidermica ed estemporanea, tanto è vero che ancora oggi in quel mondo, e soltanto in quel mondo, chi sbaglia non paga. Ecco, Parlamento e governo potrebbe ricominciare da qui, dal tema della responsabilità civile dei magistrati facendo loro l’ormai famoso «dunque, dove eravamo rimasti….». Credeteci, modo migliore per onorare Tortora e rendere un po’ più giusta anche la giustizia italiana non c’è.

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