Berlinguer raccontato dalla figlia Bianca: «I comunisti sovietici lo volevano morto»
Essere un capo comunista e ritrovarsi a soggiornare da “sorvegliato speciale” in quello che i trinariciuti di casa nostra consideravano il paradiso in terra, cioè l’Unione Sovietica inventata da Lenin, forgiata da Stalin e liquidata da Gorbaciov. Il capo comunista è Enrico Berlinguer, di cui ricorre in questi giorni il 35esimo anniversario della morte anni. Una morte che impressionò moltissimo. Berlinguer, infatti, fu colto da malore durante un comizio a Padova in occasione delle elezioni europee del 1984. Ma volle comunque concludere il suo discorso e l’emozione nel Paese fu enorme: tutti gli italiani videro in tv il suo volto sofferente, ascoltarono la sua voce rotta dal dolore e l’urlo della folla che ritmava il suo nome. Un vero dramma.
La sua morte, 35 anni fa, consentì al Pci di sorpassare la Dc
Quando pochi giorni dopo morì, quelle immagini e quelle dei suoi funerali, cui partecipò nello stupore generale il “nemico” Giorgio Almirante, impressero una potente svolta emotiva alle elezioni consentendo per la prima ed ultima volta al Pci di sorpassare la Dc. «La sua lezione è ancora viva», ricorda oggi la figlia Bianca Berlinguer dalle pagine di Repubblica. Ma più che gli aspetti politici del padre, alla conduttrice di Cartabianca interessa evidenziarne i tratti umani: «Non voleva che lo pensassero triste, non lo era». Venato di ricordi personali e familiari è anche lo strappo dall’Urss. Berlinguer fu criticato perché ci mise tanto a farlo. La figlia lo difende e dice: «Lo fece quando era sicuro di portarsi dietro tutto il partito, ma in realtà il suo distacco era maturato da tempo».
Quel bruttissimo incidente stradale in Bulgaria…
E cita due episodi: il discorso sul valore universale della democrazia tenuto nel ’77 a Mosca e accolto dai capi comunisti del mondo con ostilità glaciale. E prima ancora nel 1973, quando Berlinguer rimase coinvolto in un bruttissimo incidente stradale in Bulgaria: «Lui era convinto che si fosse trattato di un attentato», ricorda Bianca. Ciò nonostante, l’Urss era una tappa obbligata per un capo comunista. Da visitare con tutta la famiglia, come quella volta a Yalta, sul Mar Nero. «Arrivammo in nave», racconta ancora la figlia. «Guardando verso la banchina papà diceva: “Poveri noi, ecco Ponomariov” (un altissimo dirigente del Pcus), “ecco Smirnov” (un importante funzionario). Era il 1979 e sapeva di essere un sorvegliato speciale».