CasaPound, ci provano col danno erariale. Di Stefano: «Noi abbiamo salvato il palazzo»
La Corte dei Conti chiede 4 milioni e 600mila euro a nove dirigenti dell’Agenzia del Demanio e del Miur per il danno erariale che sarebbe stato prodotto dall’occupazione di CasaPound in via Napoleone III a Roma. È quanto emerge dall’atto di «invito a fornire deduzioni» con cui il Tribunale contabile ha concluso le indagini. Ai dirigenti è contestata la mancata riscossione del canone durante i 15 anni di occupazione. CasaPound non è coinvolta nell’inchiesta.
«Un conto sballato per fare notizia»
La cifra esorbitante chiesta ai dirigenti statali, fra i quali il direttore dell’Agenzia del Demanio di Roma, Antonio Ficchì, è stata calcolata «in base al canone aggiornato alla media Omi (Osservatorio mercato immobiliare) per la destinazione d’uso residenziale nella zona Esquilino». Ma proprio questa scelta fa pensare che qualcosa nei conti della Corte non torni. «Ho fatto un calcolo: hanno considerato 1500 euro al mese ad appartamento. Qui siamo all’Esquilino, dove i prezzi sono bassi perché la zona è degradata. E il palazzo non era nemmeno un palazzo residenziale. Si tratta di una valutazione totalmente fuori contesto», ragiona il segretario nazionale di Cpi, Simone Di Stefano, parlando di «un calcolo sballato per avere la notizia da prima pagina». «Poi non si capisce neanche cosa accadrà. Il demanio e il Miur dovranno fare le contro deduzioni, ci saranno dei tempi…. Mi sembra chiaro che sia un modo come un altro per mettere CasaPound in cima alla lista degli sgomberi, quando invece è in coda. Siamo alla frittura dell’aria perenne». E, infatti, puntuale è arrivata la dichiarazione M5S, firmata dal viceministro all’Economia, Laura Castelli: «La liberazione dell’immobile occupato abusivamente da CasaPound da oggi è ancora più prioritaria».
Le conclusioni della Corte dei conti
Dunque, l’ennesima inchiesta che, allo stato attuale, è buona più per un nuovo attacco politico al movimento che non per risarcire l’eventuale danno patrimoniale provocato allo Stato da quella occupazione. Secondo la Corte dei conti, «non è tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di “espropriazione al contrario” che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri un immobile di ben sei piani, sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indisponibile) dello Stato, causando in tal modo un danno certo e cospicuo all’erario». «L’occupazione sine titulo dell’immobile da parte di CasaPound e degli altri occupanti – scrivono ancora i giudici contabili – ha determinato una perdita economica per le finanze pubbliche e comunque una lesione al patrimonio immobiliare pubblico, dato che il cespite non è stato proficuamente utilizzato per oltre 15 anni (e non lo è tuttora)».
«CasaPound ha salvato il palazzo»
Ma anche su questo Di Stefano ha qualcosa da puntualizzare. «Il palazzo era vuoto e fatiscente, è stato rimesso a posto dagli inquilini che lo hanno occupato e che di fatto hanno impedito che andasse totalmente in malora, come accade a decine di altri immobili pubblici abbandonati in tutta Roma e diventati delle piccionaie». Piccionaie? «Piccionaie: sono “occupati” dai piccioni che entrano dalle finestre aperte e distruggono i solai in tutta la città. Senza di noi, con ogni probabilità, via Napoleone III avrebbe fatto la stessa fine. La Corte dei conti questo lo ha valutato? E ha considerato gli oneri a cui lo Stato si è sottratto non garantendo ai cittadini occupanti il diritto a una casa a prezzi popolari? CasaPound dà alloggio a famiglie che non hanno mai avuto risposta dall’amministrazione, di fatto svolge un servizio pubblico. Credo che sia proprio per questo che dà tanto fastidio».