Conte fa annunci. I giornalisti staranno zitti o potranno fargli almeno una domanda?
Ma quant’è provinciale l’avvocato del popolo. Giuseppe Conte fa annunci per la conferenza stampa di oggi pomeriggio, a mercati chiusi, e dice di seguirlo in diretta Facebook. Qualche giornalista avrà il permesso di fargli una domanda, una sola domanda?
Come un Mark Caltagirone qualunque, Conte ripete da giorni che farà queste famose dichiarazioni. Gli avrà detto qualche comunicatore che si fa cosi. Ma che bisogno c’è di alimentare una specie di mistero, “dichiarazioni importanti”? Quando parla il presidente del Consiglio, di solito dice cose importanti e non banali. Poi se sceglie di farlo in orari in cui non fare scuotere la Borsa, vuol dire che ci si deve aspettare qualche botto: o se ne va – ed è la domanda numero uno – o spara una delle sue in tema economico. Oppure, che sposa Pamela Prati.
Giocano con i nervi degli italiani
Questo stranissimo soggetto che Salvini e Di Maio hanno alloggiato a palazzo Chigi non si rende proprio conto che non può giocare con i nervi degli italiani. E dovrebbe invece rendersi conto che la misura è colma. Anche se Casaleggio e Casalino gli hanno suggerito come attirare telegiornali di stasera e prime pagine di domani, Conte ha il dovere della serietà. E tanto per capirci, predisporsi a rispettare il lavoro dei cronisti.
Cronisti costretti al silenzio?
Ci aspettiamo prima di stasera un chiarimento. Ai giornalisti che andranno alla conferenza stampa dovrà essere consentito di porre domande al premier. Si muovano l’ordine e la federazione della stampa. Perché altrimenti è l’ennesima buffonata strombazzata via social. Se non c’è chiarezza, lo ha detto lui, lo ascoltiamo in diretta Facebook ma certo non si può essere disponibili a fare le statuine del presidente del Consiglio.
Vada pure sui social, senza scomodare le redazioni, se non intende rispondere come al solito. A noi è sufficiente l’annuncio del ritorno sulla strada di casa, la restituzione dello scettro al popolo sovrano, la fine di questo gioco assurdo sulla pelle del nostro popolo.