Donatella Rettore: «Era meglio quando c’era Berlusconi. E Lucio Battisti mi disse…»
15 Giu 2019 9:36 - di Paolo Sturaro
Donatella Rettore: «Quando c’era Berlusconi…»
«Sono sempre andata molto all’estero, ma da sei mesi non mi chiamano più. È terribile. Niente», rivela Donatella Rettore. «Mi chiamavano più con Berlusconi premier che adesso. Poi ti prendevano in giro con il bunga bunga. Ma almeno ti chiamavano. La politica incide sul lavoro. L’Italia ha perso molta credibilità.
L’incontro con Lucio Battisti
«In Italia non mi volevano, dicevano che ero una buzzicona», racconta Rettore. «Gli italiani guardano le apparenze. Me lo disse anche Lucio Battisti quando lo incontrai all’estero. Era il 1978 e lui da anni non andava più nella tv italiana. Gli chiesi perché? E lui: “Mi guardano il foulard, come porto i capelli, se ho la pancia. Non faccio più neanche i concerti”. Ha fatto pure il disco dal titolo L’Apparenza».
Il difficile rapporto con le colleghe
«Con Loredana Bertè siamo sempre state diverse. È lei che si sente una mia rivale. Per me è tutto chiuso. Anzi quest’anno a Sanremo se avesse vinto sarei stata pure contenta. Eravamo amiche. Poi mi ha chiamato in causa. Io dissi che evidentemente era invidiosa del mio primo posto in classifica. Da lì in poi mi ha detto di tutto, al punto che fui costretta a dirle “Io con te non parlo più”. In tribunale tutto chiuso perché i giudici non potevano perdere tempo con due cretine». Con Marcella, invece, tutto chiarito: «Cantiamo assieme. Marcella è una vera cantante. Sta sul pezzo e non molla mai. Con Loredana è problematico. Perché io mi deconcentro se la nota non è precisa».
L’importanza del look
«Negli anni Ottanta», afferma Rettore nell’intervista a Leggo, «le case discografiche mi dicevano di indossare un tailleur: “Mica sei un uomo o David Bowie che puoi trasgredire”. Mentre in Inghilterra c’era Annie Lennox che faceva di tutto. Da noi ti chiedevano “Come si veste? Come si trucca?”. Io uscivo col teschio, col cappello in testa. A una che vende i dischi perché deve dire “truccati come Marisa Sannia”. Con i discografici ho sempre avuto problemi. Non li capivo. Mi sono fermata e mi sono messa a guardare i cadaveri»