E in Europa c’è chi non accetta i diktat della Ue: ora la Svizzera chiede chiarimenti a Bruxelles
C’è qualcuno in Europa che non ha paura di dire a Bruxelles le cose come stanno: è la piccola Svizzera, che non fa parte della Ue ma che però ha con essa talmente tanti e tali accordi che è come se ne fosse membro. Ma che comunque fa gli interessi degli svizzeri: il governo svizzero infatti per ora non intende firmare l’Accordo istituzionale concluso con l’Unione europea. Berna ha inviato oggi una lettera al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nella quale chiede chiarimenti su protezione dei lavoratori, aiuti di Stato e direttiva sulla cittadinanza europea. Nell’attesa si attende il riconoscimento dell’equivalenza della Borsa svizzera oltre la fine di giugno. Nella missiva, firmata dal presidente della Confederazione Ueli Maurer e dal cancelliere Walter Thurnherr, il governo riafferma la sua volontà “di trovare con l’Unione europea delle soluzioni sulle questioni istituzionali e ritiene che il risultato dei negoziati sull’accordo istituzionale corrispondono in larga misura agli interessi della Svizzera”. Questo concetto è stato ribadito dal consigliere federale Ignazio Cassis in conferenza stampa. “Il consiglio federale intende consolidare e sviluppare la via bilaterale”, ha detto il ministro degli esteri. In questo senso, i risultati della consultazione politica in Svizzera hanno permesso di evidenziare come la maggioranza di coloro che hanno preso posizione ritengano che la conclusione di un accordo con Bruxelles sia nell’interesse della Svizzera. Detto ciò, Cassis ha subito chiarito che senza una chiarificazione sui punti controversi – e solo su quelli – il governo non firmerà il trattato.
Berna vuole “sicurezza giuridica” in merito ad alcune disposizioni relative alla protezione dei salari in vigore in Svizzera. Si tratta di una esigenza fondamentale, ha spiegato Cassis, precisando che la posizione elvetica in materia sarà discussa assieme ai partner sociali e i cantoni. La Confederazione vuole anche essere sicura che le disposizioni sugli aiuti di Stato non vengano applicate in modo orizzontale all’Accordo di libero scambio del 1972. Il diritto europeo vieta questi aiuti perché possono distorcere la concorrenza e influire sugli scambi. Nella lettera l’esecutivo afferma inoltre esplicitamente che “nessuna disposizione dell’accordo istituzionale potrà essere interpretata come un obbligo per la Svizzera di adottare la direttiva sul diritto dei cittadini Ue e i suoi sviluppi”. Una eventuale ripresa di tale direttiva potrà avvenire solo dopo un negoziato tra le parti, precisa ancora l’esecutivo. Nella lettera inviata a Juncker, il governo afferma ancora che, sulla base di questi elementi, è pronto a intavolare un dialogo con la Commissione europea “allo scopo di giungere a una soluzione soddisfacente per entrambe le parti”. Nella missiva il governo ha anche evidenziato l’importanza di rispettare le procedure interne elvetiche al fine di godere di un solido sostegno. “Bisogna rendersi conto che il popolo è seduto al tavolo dei negoziati”, ha ricordato il ministro dell’Economia Guy Parmelin. L’esecutivo non ha infatti nascosto che il trattato attualmente “non permetterebbe di raccogliere una maggioranza”. Detto in altre parole, non supererebbe lo scoglio di un possibile referendum.
Alla stampa, Cassis ha poi precisato che non sono state fissate scadenze temporali per discutere e ottenere le chiarificazioni richieste. L’importante è la qualità del risultato, ha aggiunto, precisando comunque che è nell’interesse delle due parti trovare rapidamente una intesa. Lo scopo è giungere a una soluzione sui tre punti controversi che soddisfi Berna e Bruxelles in modo da poter firmare l’accordo e trasmetterlo al Parlamento. Cassis ha anche detto di aver parlato stamane con il commissario europeo Johannes Hahn, responsabile “per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento”, e di averlo messo al corrente della decisione del Consiglio federale. Questi, ha detto il ticinese, si è rallegrato di sapere quali siano esattamente i punti che la Svizzera vuole chiarire. Nell’attesa di questi chiarimenti, l’esecutivo si aspetta una decisione favorevole da parte di Bruxelles in merito al riconoscimento dell’equivalenza della Borsa svizzera. “Ci aspettiamo un suo prolungamento visto il nostro impegno a favore della via bilaterale, così come dimostra anche la chiara opposizione del governo all’iniziativa dell’Udc che chiede la fine della libera circolazione delle persone”, ha sostenuto la consigliera federale Karin Keller-Sutter.