Fratelli d’Italia rilancia la storica battaglia del Msi per la partecipazione agli utili delle imprese
Riceviamo da Mario Bozzi Sentieri e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
In tempi di politica “liquida”, priva cioè di orizzonti lunghi, Fratelli d’Italia – annuncia Giorgia Meloni, leader del partito – si prepara a lanciare una campagna nazionale per la partecipazione dei lavoratori alle imprese. La notizia non è di poco conto, sia per il valore della proposta che per la ricomposizione su basi programmatiche del centrodestra.
Non si parte da zero. Quello della “partecipazione” è stato uno dei principi fondanti della destra italiana post bellica. E’ lunga la serie delle proposte di legge che da1 1955 il Msi, spesso in collaborazione con la Cisnal, ha presentato in Parlamento, di legislatura in legislatura, per realizzare la partecipazione dei lavoratori alla gestione e ai risultati economici delle imprese, facendo sempre appello alla necessità di attuare l’art.46 della Costituzione della Repubblica Italiana, mai tradotto in norme cogenti.
Come ha notato Gaetano Rasi (La partecipazione del cittadino alla gestione dell’impresa nella rappresentanza politica, Cesi, Centro nazionale di studi politici e di iniziative culturali, 12 marzo 2013), nella premessa all’articolato della Proposta n°5424 del 30 gennaio 1991,elaborata da una Commissione di studio da lui presieduta “ … sono trattati in maniera approfondita – esempio non comune in una proposta di legge – i rivoluzionari principi ispiratori: che cos’è la partecipazione organica; quali sono le premesse dottrinali e costituzionali; in che consiste l’identificazione di cittadino e di lavoratore; il perché del diritto di partecipazione alla proprietà; l’elencazione dei problemi che l’istituto intende risolvere; la caratterizzazione dell’impresa partecipativa; in che consiste il concetto di “organizzazione” tra i fattori della produzione; il fatto che la “sovraordinazione” e “subordinazione” siano posizioni funzionali e non status sociale; gli organi dirigenti: il Capo dell’impresa, il Comitato consultivo, l’Assemblea dei soci partecipanti, il Comitato di gestione; il principio dell’unità nella direzione; la partecipazione al finanziamento; le due parti della rimunerazione; la natura delle azioni di lavoro e di capitale; la partecipazione agli utili e alle perdite; conseguenze della diffusione in Europa della partecipazione organica”.
Nelle parole di Rasi, apostolo degli studi e delle battaglie partecipative, c’è il senso di un percorso programmatico non velleitario, insieme scientifico ed ideale, da cui partire, consapevoli degli errori del passato. E qui veniamo al centrodestra.
Come ha scritto Giovanni Orsina, (“Il Cavaliere, la destra e il popolo. Per una comprensione storica del berlusconismo”, in Autori Vari, Storia delle destre nell’Italia repubblicana”, Rubbettino, 2014) nell’opera di “santificazione del Paese reale”, fattore essenziale del successo di Silvio Berlusconi, scarsa attenzione hanno avuto i temi della partecipazione e dell’inclusione sociale, a fronte della richiesta di uno Stato più “leggero” e meno oppressivo; di una visione politica “a bassa intensità”; di un ricambio della classe politica, genericamente cercata nella “società civile”.
Malgrado il richiamo formale alle “trincee del lavoro”, nulla di organico alla costruzione di nuovi sistemi di rappresentanza/mediazione politica è stato fatto, lasciando ad un centrodestra a guida berlusconiana, poco spazio per le grandi battaglie di prospettiva e per le trasformazioni sistemiche, sia in campo istituzionale che, nello specifico, sulle questioni del lavoro, della codeterminazione economica, della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende.
Ritrovare l’impegno partecipativo ha un valore politico, interno ai nuovi assetti del centrodestra, che non va sottovalutato. Da qui, da queste considerazioni di fondo, crediamo che sia necessario ripartire per ricucire una riflessione ed un possibile dialogo intorno al tema dell’economia sociale di mercato, che non sia segnato da vecchi condizionamenti ideologici, ma recuperi letture simultanee e trasversali sulla crisi e sul suo superamento. Per costruire intorno alla proposta partecipativa una strategia inclusiva, in grado di aggregare ambienti diversi (politici, sindacali,imprenditoriali, culturali), nella consapevolezza delle ragioni “strutturali” della crisi italiana, crisi che coinvolge le istituzioni, l’economia, la tenuta sociale, i riferimenti culturali, necessitando quindi di una risposta globale. L’augurio è che Fdi ed un centrodestra rinnovato trovino su questi crinali quegli orizzonti lunghi che sono mancati nel passato.
Se andate nei vs archivi troverete che l’istituto di studi Corporativi premiò la mia laurea sulla politica del lavoro durante il fascismo, nel 1970: il premio mi fu consegnato da Rasi e da Amirante a Roma. Ho ripreso questa importante disamina sociale nel mio libro del 2015 “La gestione diretta dell’impresa da parte dei lavoratori” ed. Tabula Fati/Solfanelli. Spero sinceramente che vogliate sentirmi.Riccardo Scagnoli