Giustizia per Francesco Cecchin: appello a 40 anni dall’assassinio
“Troppe inerzie da parte degli organi inquirenti” , e “coperture politiche” sul caso di Francesco Cecchin, il giovane militante romano del Fronte della Gioventù assassinato nel
1979 da persone rimaste ignote. Gianni Alemanno – insieme a Flavio Amadio, Roberta Angelilli, Giancarlo Monti, Giampiero Monti e Fabio Rampelli – a quarant’anni dall’omicidio rimasto ancora senza colpevoli, chiede che vengano riaperte le indagini “non solo per la sua famiglia e la sua parte politica, non solo per i suoi 17 anni, ma perché crediamo che la mancata condanna dei colpevoli rimandi a inquietanti pagine non scritte della storia politica del nostro Paese”.
L’omicidio di Cecchin, un militante del Fronte della Gioventù, venne commesso a Roma durante gli ‘anni di piombo’. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio 1979, dopo essere stato inseguito da due persone arrivate in zona a bordo di una Fiat 850, fu trovato gravemente ferito in un cortile condominiale del quartiere Trieste di Roma; morì il 16 giugno
1979 dopo diciannove giorni di coma. Per molto tempo- da più parti – si tentò di accreditare la tesi della caduta accidentale dal parapetto del cortile e solo più tardi fu appurato che si trattò invece di omicidio volontario.
Una ferita ancora aperta
“Sono passati ormai 40 anni dall’omicidio di Francesco Cecchin, eppure – scrivono Alemanno e gli altri firmatari nell’appello rilanciato dall’Adnkronos – questo fatto di sangue rimane nella storia politica di Roma come una ferita ancora aperta.
Certamente non l’unica, perché sono molti gli omicidi di militanti politici di destra e di sinistra che sono rimasti impuniti. Quando viene sparso sangue innocente, quando la politica degenera in faida, quando sono i militanti più generosi a pagare il prezzo di trame più grandi di loro, non ci si può mai rassegnare al tempo che passa e al sangue versato che non ha ottenuto giustizia. Più volte abbiamo chiesto che la magistratura mantenesse aperti tutti i fascicoli d’indagine su questi omicidi politici, senza archiviarli e senza rinunciare a sollecitare tutti i reduci di quegli anni a raccontare la loro verità”.
Troppe coperture politiche
Amare le conclusioni di Alemanno e dei firmatari: “Se Francesco Cecchin in quarant’anni non ha ottenuto giustizia, questo non deriva da un caso del destino. Tutta questa storia racconta di inerzie degli organi inquirenti, di coperture politiche, di abili strategie giudiziarie della difesa degli imputati. Il fatto che questi fossero attivisti del Pci, partito reduce dall’esperienza di governo di solidarietà nazionale, e non dei semplici estremisti extraparlamentari, rafforza il sospetto che quella di Cecchin fu una morte scomoda, un omicidio che non doveva trovare colpevoli”.
“In tutte le storie degli anni di piombo – rilevano Alemanno e gli altri firmatari della denuncia- emerge sempre che quelle di destra dovevano essere vittime di seconda classe, spesso ascritte a ‘incidenti’ e a ‘faide interne’. E tutto questo contribuì ad alimentare odi e ritorsioni a destra e alibi ideologici a sinistra.
Nel caso di Francesco Cecchin, a poco più di un anno dall’omicidio di Aldo Moro, le coperture avevano raggiunto ambiti istituzionali e importanti centri di potere politico, proprio nel momento in cui il Pci faceva il massimo sforzo per distinguere le proprie responsabilità dalla violenza politica di sinistra. Per questo siamo ancora qui a chiedere giustizia per Francesco Cecchin“.
Meloni: “Avanti nel suo nome”
“‘Vent’anni sono pochi per farsi aprir la testa dall’odio di chi invidia la nostra gioventù’ è il passo di una canzone del 1975. Oggi sono passati 40 anni esatti dalla morte di Francesco Cecchin, militante del Fronte della Gioventù, che 20 anni non li aveva. Ne aveva 17 quando venne barbaramente assassinato da attivisti della sinistra estrema, un omicidio, come altri compiuti ai danni del mondo giovanile di destra, che non hanno mai avuto giustizia. Per Francesco, e per tutti i ragazzi di quegli anni, che credettero nell’Italia anteponendo la fedeltà a un’idea alla propria vita, testimoniando con il sangue, proseguiremo con tenace determinazione e volontà la nostra battaglia in difesa del popolo italiano”.
Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.