Gruppi di difesa contro i fascisti nelle città: l’idea di Caldarola porta dritto alla guerra per bande
Sono parole forti quelle usate da Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dell’Ulivo, in un articolo su Lettera43 dal titolo: “Cosa fare se la polizia non difende i ragazzi dai fascisti”. Un articolo, si immagina, scritto sull’onda dell’indignazione per l’aggressione subìta a Trastevere da quattro ragazzi uno dei quali indossava la maglietta del Cinema America occupato.
Un articolo rabbioso ma lucido, determinato, dove si dice che “sta crescendo, invece, uno squadrismo all’ombra del ministro di polizia che comincia a fare paura. Non sostengo che sia animato, questo squadrismo, dal ministro di polizia ma spesso è lui che incita la folla a malmenare giovani indifesi, sono le sue parole di odio che danno ruolo agli squadristi”. Secondo Caldarola è Salvini insomma che legittima il nuovo squadrismo di chi va in giro di notte a spaccare la faccia a chi indossa magliette sgradite come avvenuto a Roma. Un’azione ignobile che va condannata senza se e senza ma.
Ma ancora più sconcertante è la proposta lanciata da Caldarola: “La domanda che faccio alla sinistra, e al Pd in particolare, è come mai sia così difficile mettere in campo un gruppo folto, città per città, di difensori civici che siano in grado di intervenire e di difendere i nostri ragazzi. A Roma servirebbero 200 persone. Cerco la violenza? No, voglio dire più semplicemente che la violenza conosce solo il linguaggio della forza”. Cita quindi il caso della città di Bari, quando lo stesso autore dell’articolo avrebbe partecipato ad azioni contro “un gruppo di fascisti che martoriava i nostri ragazzi”.
Una contrapposizione che secondo Caldarola andrebbe replicata oggi, nelle piazze di tutte le città: “Il capo della polizia ritiene che sia normale che nelle principali piazze italiane in cui passano il loro tempo ragazzi, spesso ragazzini, di sinistra, possano diventare territorio di caccia degli squadristi? Allora ci deve essere qualcuno che interviene, che separa o che picchia come un fabbro. La gente di destra deve poter andare dappertutto, ma se fra di loro ci sono picchiatori questi devono essere allontanati”. L’avesse scritto uno di destra, questo concetto, subito si griderebbe – e non a torto – al rischio di una polizia parallela, all’eversione, al golpe.
Così Caldarola chiude il suo pezzo: “Oggi la democrazia non ha difensori nello Stato e quindi deve ricorrere a chi la democrazia la vuole difendere ad ogni costo, costi quel che costi. Altro che diritto alla legittima difesa di Matteo Salvini consegnato a orologiai e tabaccai. Questa volta, cari salviniani, se toccate i nostri ragazzi altro che il rosario vi servirà avere tra le mani. Promesso”. E il bello è che l’autore di questi pensieri sostiene di non volere la guerra per bande mentre è proprio quella la direzione che si imboccherebbe se qualcuno prendesse sul serio le sue esternazioni.
Da questa proposta al ritorno delle P38 e chiavi inglesi, il passo è breve: è già successo proprio a Bari, dove i comunisti usciti dal corteo cittadino attesero ore per assaltare una sezione politica. Quanto alla presunta aggressione a Roma, un giovane intervistato nel TG1 racconta di essere stato colpito con una bottiglia: è strano che non avesse la testa fasciata, ma solo un cerotto sulla fronte!