Il destino di Ciombè, sovranista e patriota africano stritolato 50 anni fa da Onu, Usa e Urss
Se oggi fosse vivo Moise Ciombè, il patriota katanghese che sognò un’Africa degli africani, probabilmente non assisteremmo alle migrazioni di massa verso l’Europa, perché il continente saprebbe autodeterminarsi e governarsi, anziché essere dominato dal neocolonialismo e dal gigantesco affare della tratta degli schiavi. Invece Ciombè è stato assassinato giusto 50 anni fa, in Algeria, dai nemici dell’Africa e dagli eterni affaristi e depredatori delle ricchezze minerarie del Congo, come la cronaca ha poi comprovato.
Ciombè era discendente dal re dei Lunda
Il suo nome non dice quasi nulla alla maggioranza degli italiani, e nulla assolutamente ai giovani, ma vi fu un’epoca in cui di lui si parlava molto: dal 1960 al 1965, e poi brevemente alla sua morte, nel 1969. Ma chi era Ciombè, l’uomo che per un attimo sembrò poter riscattare gli africani dalla loro schiavitù? Figlio di un uomo d’affari, Joseph Kapenda Ciombè era il maggiore di 11 figli e anche discendente diretto di Mwata Yamvo, re di Lunda, nome che indica sia una regione geografica sua un’etnia, quella dei Lunda, appartenenti al gruppo Bantu. Ciombè nacque nella capitale Lunda, a Musumba, nell’allora Congo Belga. Di famiglia agiata, studiò in una scuola missionaria americana. Negli anni Cinquanta ha creato una catena di negozi nel Katanga, regione a sud del Congo, ricchissima di risorse di ogni genere, per poi dedicarsi alla politica, fondando il partito Conakat, che propugnava la secessione del Katanga dal Congo. Intanto nel 1960 il Congo otteneva la sua frettolosa indipendenza dal Belgio, e Ciombè, legittimato anche alla sua vittoria elettorale in Katanga, chiedeva l’indipendenza per la sua regione.
Ciombè, l’africano europeo che sognò il Katanga libero
Cristiano, anticomunista, filo-occidentale, Ciombè fu definito da chi lo conobbe bene e lavorò con lui “un africano europeo”, perché aveva una mentalità innovativa, moderna, e le idee chiarissime sul futuro del suo popolo e sui suoi diritti. A luglio 1960 proclamò l’indipendenza dal Congo con le parole “Abbiamo la secessione dal caos”, riferendosi ai disordini verificatisi nel Paese dopo la proclamazione dell’indipendenza. Ciombè tuttavia voleva continuare la sua collaborazione col Belgio e con la Unione Minière du Haut Katanga,; per questo chiede al governo belga di aiutarlo a costruire e formare un esercito di Katanga, ricevendoun forte sostegno da parte della ex potenza coloniale. Ovviamente tutto ciò era malvisto sia dall’Unione Sovietica che aveva le sue mire sul Congo, sia dagli Stati Uniti che volevano appropriarsi delle ricchiezze katanghesi (come alla fine fecero con la complicità del dittatore Mobutu Sese Seko) e ovviamente con il nuovo Stato libero del Congo, il cui governo, comunista, era eterodiretto da Mosca e da Cuba. Anche la Francia, più pensando alle ricchezze che all’indipendenza, aiutò il Katanga inviando i famosi mercenari di Bob Denard per istruire l’esercito katanghese, come poi facevano i sovietici con i congolesi e con gli angolani e i mozambicani. A questo punto però il primo ministro Patrice Lumumba, discusso ed equivoco uomo politico comunista, e il suo successore Cyrille Adoula, chiesero l’intervento delle forze delle Nazioni Unite per preservare l’unità del Congo, richiesta a cui le Nazioni Unite risposero favorevolmente lanciando la missione Onuc, cui parteciparono diverse nazioni tra cui l’Italia. Va detto che l’Onu prese fazione contro il Katanga e in favore del Congo, comportandosi a tutti gli effetti come una forza combattente, ingaggiando scontri con i katanghesi e arrivando persono, nella capitale Elisabethville, a sparare sulle autoambulanze katanghesi, perché, fu la giustificazione, dentro potevano esserci truppe armate.
La guerra anti Katanga causò anche l’eccidio di Kindu
A questo punto, come i meno giovani ricorderanno, la storia del Congo precipita in una serie infinita di scontri armati tra le duecento etnie presenti nella nazione, libere di affrontarsi dopo la partenza delle truppe coloniali. Ci furono massacri indescrivibili, di africani e di bianchi, nel cui contesto si inquadra anche l’eccidio dei nostri aviatori a Kindu, massacrati e poi in parte mangiati dai cannibali che allora – e forse anche ora – abitavano il Congo. Il contingente malese dell’Onu, presente a Kindu, non mosse un dito per evitare lo sterminio dei nostri aviatori. I simba, tribù aizzate dai lumumbisti, compivano scorrerie ovunque, non risparmiando nessuno. Costoro, armati solo di lance e machete, si macchiarono di ogni sorta di crudeltà, fermati solo dai mercenari e dai paracommando belgi, soprattutto a Stanleyville, dove era in atto uno sterminio indiscriminato di europei. Per capire chi fossero i simba, creati da un certo Pierre Mulele, basti pensare che credevano che fosse il rumore della armi da fuoco a uccidere, e non i proiettili; inoltre credevano di essere invulnerabili se indossavano un certo tipo di tuniche e che i pertanto i proiettili su di loro si sarebbero sciolti come acqua. Frattanto Lumumba si era messo in urto con il presidente Kasa Vubu e col capo di Stato maggiore Mobutu, e fu costretto alla fuga. Congo e Katanga stavano trattando l’indipendenza, e pertanto Lumumba era un comune nemico. Arrestato dai congolesi (il cui esercito frattanto si era ammutinato perché non pagato) fu da questi consegnato ai katanghesi e immediatamente messo a morte. Era il 17 gennaio del 1961. I katanghesi dissero che aveva tentato di fuggire ma non era andata così. In realtà Ciombè e i suoi ministri assistettero alla fucilazione. Le forze dell’Onu adesso ripresero, insieme all’Armée nationale congolaise, a riconquistare il Katanga che, malgrado un’eroica resistenza, fu costretta alla capitolazione. Lo stesso Ciombè dovette riparare in Rhodesia e poi in Spagna, protetto da Franco. Era il 1963. L’anno successivo Ciombè fu ricevuto anche dal presidente francese Charles De Gaulle. Ciombè continuava incessantemente la sua attività diplomatica, e appariva davvero come l’unico di sistemare le cose nell’inferno congolese, tanto che fu chiamato dopo le elezioni del 1964 dal presidente Kasa Vubu alla presidenza del consiglio dei ministri. Ma durò poco: nel 1965 fu destituito da Kasa Vubu il quale a sua volta fu detronizzato da un golpe militare di Mobutu. A Ciombè non rimase che riprendere la via dell’esilio.
Ciombè rapito e ucciso nelle prigioni algerine
Nel 1967 fu condannato a morte in Congo con le accuse di aver proclamato la secessione del Katanga, di avere formato un esercito di mercenari, di aver stretto accordi economici col Belgio, di aver tentato di sovvertire il regime congolese. Il Congo intanto era tutt’altro che pacificato: il dittatore Mobutu governava col terrore e intascava le royalties sui tesori del Congo, costruendosi sotnuose ville in Costa Azzurra e ammucchiando oro nella banche svizzere e inglesi. Ma Ciombè era sempre una minaccia costante, molti invocavano il suo ritorno, non solo nel Katanga, e doveva essere tolto di mezzo una volta per tutte. E questo è uno dei gialli insoluti del Novecento, anche se ormai sembra certo che fu il governo congolese a volere il suo rapimento e il suo assassinio nelle prigioni algerine; non va dimenticato che il dittatore socialista Boumedienne che governava allora l’Algeria era un nemico giurato di Ciombè, sentimento peraltro ricambiato: Ciombè ebbe a dire che “l’Algeria non era nemmeno Africa….”. Fatto sta che il 30 giugno 1967 un uomo d’affari, in realtà truffatore e pregiudicato internazionale assoldato da qualcuno, Francis Bodenan, convinse Ciombè ad andare in areo a Ibiza per parlare del suo ritorno in Congo, ma una volta in volo estrasse la pistola e dirottò l’aereo su una pista militare di Boufarik, non lontano da Algeri. Ciombè fu subito posto agli arresti domiciliari nel castello di Polignac sulle alture di Bouzaréah, dove Ben Bella anche era stato rinchiuso; mentre per altri, fu recluso in una villa a El Biar. Il sequestro fu organizzato da Bernardin Diaka, ambasciatore congolese a Bruxelles, come afferma Bodenan in un’intervista successiva su Jeune Afrique. Ciombè fu così arrestato e detenuto in Algeria. Con sorpresa generale, il presidente algerino rifiutò l’estradizione in Congo di Ciombè nonostante la decisione della Suprema Corte algerina che ha dato il via libera. Quello che è successo esattamente è uno dei misteri di questa vicenda, c’è stata sicuramente una trattativa segreta tra Boumedienne e Mobutu. Secondo qualcuno, la sua cella fu verniciata con una sostanza tossica, cosicché l’inalazione progressiva ne avrebbe causato la morte. E così fu: il 29 giugno 1969 Moise Ciombè, che aveva sognato un’Africa libera, morì di infarto. Ma aveva 49 anni. Il giornale del Fln algerino aveva in precedenza titolato: “Vendicheremo Lumumba”.
Poco dopo aver proclamato l’indipendenza del Katanga disse: “Noi vogliamo condividere la nostra ricchezza con gli Stati poveri, ma in termini di affari interni vogliamo guidarli da soli”. Una frase che è un manifesto programmatico di un’Africa libera e sovrana.